Allora, meglio se lo dico subito e lo scrivo addirittura in maiuscolo, come se gridassi: IO NON SONO ANTIFASCISTA. E adesso spiego il motivo di questa mia affermazione così grave, così terribile agli occhi di molti nostri connazionali. Non ho alcuna simpatia per il fascismo, ma non sono antifascista per una ragione semplice, semplicissima: perché si può essere “anti”, cioè “contro” qualcosa che è vivo, esistente e operante; ma poiché il fascismo è finito quasi 80 anni fa, non ha alcun senso oggi nel 2024 dichiararsi fascisti o antifascisti, perché quel periodo è storicamente concluso, morto e sepolto, ed è assurdo e ridicolo dopo tanti anni fondare oggi, in un mondo profondamente diverso da quello di allora, il dibattito politico sulla contrapposizione fascismo/antifascismo. Se ciò che appartiene alla storia dev’essere ancora motivo di scontro oggi, allora perché non essere, ad esempio, anti-napoleonici, anti-guelfi o ghibellini, o contro i senatori che uccisero Giulio Cesare?
L’essere antifascisti era giustificato e meritorio durante il periodo 1922-1945, quando effettivamente esisteva quella dittatura, ed era lecito opporvisi anche affrontando, come fecero tante persone, le conseguenze di quella posizione ideologica. Gli antifascisti di allora, da Croce a Gramsci, vanno elogiati per il loro coraggio, ma perché combattevano contro un nemico esistente e potente, che aveva conculcato le libertà individuali e collettive; ma essere antifascisti oggi è semplicemente ridicolo, significa combattere contro ombre e fantasmi che non esistono in alcun luogo. La battaglia di don Chisciotte contro i mulini a vento era senza dubbio più intelligente. E non è certo convincente dire che la nostra Costituzione è antifascista: certo che lo è, perché fu redatta poco tempo dopo la fine di quella dittatura, mentre se fosse scritta oggi o fosse rinnovata (come sarebbe auspicabile) non sarebbe solo antifascista, ma sarebbe contro tutte le dittature, senza distinzione alcuna, come lo sono quelle degli altri paesi occidentali. L’Italia è rimasta l’unica a rimestare eventi di un secolo fa, mentre sarebbe molto più sensato pensare al presente e al futuro, chiudendo finalmente questa storia del fascismo e dell’antifascismo, categorie che appartengono alla storia e non debbono essere più oggetto di discussione e di divisione nel mondo attuale.
Ma perché, nonostante il ridicolo che una tale posizione suscita, la sinistra continua a insistere su questo tasto e pretende la patente di “antifascista” da tutti, come se vi fosse veramente un pericolo di ritorno al fascismo? Se qualcuno crede questo è un visionario, per non dire di peggio, perché oggi nessuna forza politica si richiama più a quel periodo, nessuno mette in discussione la democrazia e le libertà che ne conseguono. Anzi, dico io, se un appunto si può fare a questo governo è di segno contrario, quello cioè di non identificarsi abbastanza negli ideali della destra storica e di essere divenuto – specie in politica estera – una fotocopia dei precedenti esecutivi, quelli di Draghi, Conte, Gentiloni, Renzi e compagnia bella.
La verità è che le ideologie, come le religioni, hanno bisogno di un “nemico” per poter sopravvivere alla loro inevitabile caduta. Per questo i cristiani si sono inventati il diavolo, gli angeli ribelli a Dio, gli infedeli da sterminare nelle crociate, e così hanno fatto i musulmani e tutti gli altri. Il marxismo, da cui deriva sempre la nostra sinistra, è un’ideologia, cioè una religione laica, e perciò anch’essa ha bisogno di un nemico per poter giustificare la propria esistenza; altrimenti verrebbe in luce l’assoluta insensatezza del PD, dei Cinque Stelle e delle altre formazioni di sinistra, che hanno dimostrato di non avere alcuna risposta valida ai problemi attuali, né argomenti consistenti, e di non avere più neanche una ben precisa identità, da quando questi partiti hanno del tutto abbandonato le tematiche sociali per le quali prima lottavano. Se un tempo il PCI aveva tanti sostenitori perché s’identificava nelle lotte operaie e contadine, ora il PD non può avere gli stessi consensi sostenendo i diritti dei gay e l’idiozia del “politicamente corretto,” perché i cittadini con pieno diritto non li seguono più. Tutta la sinistra è in grave crisi e rischia di scomparire; perciò, avendo solo leali avversari e non nemici, è costretta a inventarsi un “nemico” inesistente per nascondere i gravi problemi di sussistenza che la opprimono. Ed ecco quindi che in maniera piuttosto patetica riesuma il cadavere del fascismo morto, sepolto e decomposto, sperando ingenuamente di evitare l’inevitabile disastro a cui la conduce la propria totale inconsistenza.
Avere un blog: i pro e i contro
In questi giorni il mio blog, inaugurato nel febbraio del 2012, ha raggiunto il lusinghiero traguardo delle 50.000 visite. So che non è molto in confronto ai blog dei “vip” conosciuti a livello nazionale, che ragionano in termini di centinaia di migliaia di visitatori, ma per un semplice professore di liceo non mi par poco aver raggiunto un numero del genere. Ciò significa che gli argomenti di cui parlo, tra cui primeggiano ovviamente i problemi della scuola e le situazioni quotidiane in essa vissute, interessano a molte persone. E dato che pubblicare un libro di memorie, di racconti o di saggi è oggi diventata un’impresa disperata, anche e soprattutto a causa della crisi che investe l’editoria cartacea, ben venga questo strumento moderno, cioè internet, che consente di far conoscere agli altri il proprio pensiero.
Avere un blog è quindi una grande opportunità, che fino a pochi anni fa non esisteva; e questo rappresenta un indubbio vantaggio per chi, come il sottoscritto, sente l’impulso di far conoscere pubblicamente le proprie idee e le proprie convinzioni, pur non ricavandone ovviamente alcun guadagno materiale. E’ insito nella natura umana, come ben sottolineavano i nostri padri greci e romani, il desiderio di far conoscere se stessi, le proprie opinioni e le proprie qualità, perché ciò che si sa e si pensa non deve restare chiuso in noi stessi ma fatto conoscere a quante più persone possibile che ne siano interessate. Questa attività alimenta la discussione e lo scambio delle idee, utili a tutti coloro che riconoscono l’opportunità del dialogo civile e democratico; per questo io leggo molto spesso i blog degli altri, perché conoscere molti punti di vista, anche diversi dal proprio, serve comunque a riflettere e talvolta anche a ravvedersi su certe posizioni. E’ stato detto, e giustamente, che solo gli idioti non cambiano mai idea.
Però gestire un blog comporta anche impegni e inconvenienti, non dobbiamo dimenticarlo. Prima di tutto esso va “alimentato” con nuovi post abbastanza di frequente, altrimenti succede che i lettori se ne vanno e non tornano più. Esistono blog che vengono aggiornati, quando lo sono, poche volte l’anno, e così a poco a poco vengono dimenticati. Per questo io cerco di inserire un nuovo post, in media, una volta alla settimana, anche se a volte mi costa fatica trovare il tempo per scrivere qui e mi riduco a farlo a tarda notte, dopo aver corretto i compiti o essermi aggiornato sulle mie discipline di insegnamento. E poi c’è il problema dei commenti: quando i lettori ne mandano qualcuno a un articolo del mio blog, mi sento in dovere di rispondere, e anche questo porta via del tempo. Non capita raramente, poi, che nei commenti e nelle mail che ricevo si trovino anche spiacevoli critiche o addirittura insulti, da parte di chi non si riconosce in quello che ho scritto. Ciò non mi spaventa, perché da sempre sono abituato a dire apertamente ciò che penso, anche a costo di procurarmi risentimenti e inimicizie; mi è successo tante volte nella vita reale, può succedere dunque anche in quella virtuale. Per fortuna su internet c’è la possibilità di non pubblicare i commenti offensivi o volgari, e così faccio; ma il disappunto per il comportamento di certe persone, purtroppo, rimane.
Se il blog, come nel mio caso, è quello di un docente che deve avere anche funzione di educatore e di formatore, ciò comporta un altro problema, cioè che occorre stare attenti a ciò che si scrive per non rischiare di essere fraintesi o di far passare un messaggio che il pensiero comune oggi non accetta. Ammettiamo per assurdo che un professore che gestisce un blog sia favorevole alla pena di morte o contrario all’accoglimento di tutti questi extracomunitari che sbarcano ogni giorno sulle nostre coste: non può dirlo apertamente, perché sarebbe subito tacciato di essere forcaiolo o razzista, e questo è incompatibile con la funzione formativa dei giovani che sono affidati alle nostre cure. Pare strano, ma questa è una vera e propria limitazione della libertà di espressione, nel senso che l’opinione comunemente diffusa da giornali e tv non permette ad alcuno di schierarsi apertamente contro senza rischiare un linciaggio mediatico, e questo un docente non se lo può permettere. Quindi la sincerità di cui parlavo prima non può essere, in questo caso, applicata fino in fondo, e occorre sempre trovare compromessi. Lo stesso vale per le opinioni politiche, che un docente non dovrebbe manifestare apertamente con i suoi studenti, per non essere accusato di volerli indottrinare; pertanto ciò che è permesso a qualsiasi altro cittadino non lo è al professore, il quale deve sempre destreggiarsi in una visione generalista e approssimativa della realtà politica che ci circonda. E debbo confessare che a me questo non riesce del tutto, nel senso che non è difficile, a chi legga attentamente i post passati del mio blog, comprendere il mio punto di vista. E’ ben vero che oggigiorno le ideologie sembrano non esistere più, tanto che si fa fatica a distinguere ciò che è di destra da ciò che è di sinistra; ma per chi, come il sottoscritto, ha vissuto gli anni degli scontri e del terrorismo, questi concetti sono ancora vivi nella mente, e non è facile adattarsi al grigiore ed al consumismo che caratterizzano la società attuale.
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