I risultati recentemente diffusi dall’OCSE sullo stato di salute del sistema scolastico italiano, a paragone con quello degli altri paesi europei, sono veramente deprimenti e dimostrano che le varie riforme e riformine succedutesi negli ultimi anni non sono state solo inutili, ma addirittura dannose. Da questa indagine risulta che gli studenti italiani, soprattutto quelli del sud ma anche di certe zone del centro e del nord, non sanno scrivere un periodo sintatticamente corretto in lingua italiana; inoltre leggono male e anche quando lo fanno non sono in grado di capire il significato di ciò che hanno letto. La situazione pare drammatica per quanto attiene alle conoscenze e competenze linguistiche, ma si estende anche ad altri ambiti culturali come quello delle scienze, dove risulta che i nostri ragazzi sono veramente a terra.
Forse un quadro così catastrofico è un po’ esagerato, perché di studenti bravi ed anche eccellenti ce ne sono ancora; di fatto però, durante tutta la mia lunghissima carriera di docente di liceo, anch’io ho dovuto constatare un progressivo abbassamento del livello qualitativo globale delle varie classi che si sono succedute nei vari periodi e soprattutto in questi ultimi dieci anni. Le cause sono molteplici e non mi sembra opportuno ritornare ancora una volta su un argomento di cui ho spesso parlato nei post precedenti: si può tirare in ballo lo scadimento culturale generale della nostra società, la diffusione della volgarità e dell’ignoranza anche a livello degli esponenti politici più importanti, l’uso massiccio degli strumenti digitali che atrofizza il cervello, le varie riforme succedutesi nella scuola dagli anni ’70 in poi, riforme che hanno tolto molto spazio agli insegnamenti fondamentali per fare posto a progetti, attività alternative, lezioni autogestite e chi ne ha più ne metta. Non si può negare che questa sia la realtà, ed è senz’altro vero che il livello medio dei nostri studenti si è abbassato in modo significativo nell’ultimo decennio; su un punto però io non concordo affatto con le conclusioni dell’indagine OCSE, cioè che i nostri studenti siano culturalmente inferiori a quelli francesi, inglesi, tedeschi, finlandesi e via dicendo. Forse saranno meno abili nel compilare i test a crocette che predominano nelle scuole straniere, ma quanto alle conoscenze teoriche dei contenuti culturali ed alle loro applicazioni non credo affatto che i nostri ragazzi ne sappiano meno dei loro colleghi stranieri. E a riprova di quanto affermo posso citare l’esperienza di alcuni miei studenti che, piuttosto scarsi nelle mie ed in altre materie, hanno voluto trascorrere un anno o sei mesi all’estero con il cosiddetto “progetto Intercultura”: una volta ammessi a frequentare le scuole dei paesi ospitanti (e non parlo della Costa d’avorio o della Mongolia ma della Francia, dell’Inghilterra e della Norvegia) i nostri ragazzi diventavano automaticamente i primi della classe, e i professori facevano far loro lezione di storia, geografia, filosofia ed altro ancora. Di converso, quando mi sono trovato ad incontrare studenti stranieri in visita alla mia scuola per scambi culturali, ho notato in loro un’ignoranza non da poco, di dati e concetti che i miei alunni meno bravi padroneggiavano a piene mani.
E’ noto che io sono nazionalista e sovranista, ma quanto qui affermato è dimostrabile, e ciò mi conferma che la scuola italiana, se ben gestita, è ancora tra le migliori, se non la migliore del mondo. Resta però il fatto che il declino c’è stato, per le ragioni sopraddette, e che sarebbe necessario individuare opportuni rimedi e metterli in pratica, anche a rischio di sollevare le proteste dei falsi progressisti che dal ’68 in poi inquinano il nostro Paese e hanno rovinato la nostra scuola con le loro disgraziate riforme, a cominciare dall’autonomia e dal funesto “Statuto” del compagno Berlinguer. Io ho in mente delle formule drastiche che non saranno mai applicate, ma che sarebbero le uniche in grado di risolvere definitivamente il problema. Le suddivido in base ai destinatari cui andrebbero dirette. Per quanto riguarda gli insegnanti, i provvedimenti da prendere sarebbero i seguenti:
1) abolire le immissioni in ruolo “ope legis” e bandire concorsi seri e complessi da cui emerga una vera e consistente preparazione culturale in tutte le discipline che si scelga di insegnare;
2) istituire un tirocinio retribuito della durata di almeno un anno presso le scuole di destinazione, dove i vincitori dei concorsi dovrebbero essere seguiti e monitorati dai colleghi più anziani, perché la preparazione teorica da sola non basta per essere buoni docenti, occorre imparare anche l’approccio didattico, le modalità di valutazione delle varie prove ecc. Chi non dimostra di aver appreso quanto necessario, dovrebbe poter ripetere il tirocinio una sola volta, poi dovrebbe scattare il licenziamento;
3) dare ai Dirigenti scolastici il potere di sospendere per lunghi periodi ed anche di licenziare i docenti impreparati o didatticamente inefficaci;
Per quanto riguarda gli studenti i provvedimenti da prendere sarebbero i seguenti:
1) operare una forte riduzione degli strumenti digitali nella scuola (LIM, tablets ecc.) che in molte discipline non servono a nulla, con un ritorno progressivo ai libri ed ai quaderni cartacei ed all’uso del foglio e della penna. Non dimentichiamo che oggi tante persone non riescono più neppure a scrivere un rigo a mano;
2) inserire il divieto totale di usare a scuola gli smartphone, i computers e ogni altro supporto digitale, se non per scopi unicamente didattici;
3) mettere in atto un forte aumento dell’esercizio di lettura e di interpretazione dei testi letterari;
4) operare, soprattutto nella scuola primaria, un ritorno ad esercizi di comprovata utilità come dettati ortografici, riassunti, temi, calcoli matematici senza uso della calcolatrice;
5) abolire tutti i progetti inutili che sottraggono tempo prezioso all’attività didattica e tornare, soprattutto nella scuola media, allo studio della grammatica italiana, della matematica e dell’inglese di base;
6) tornare alla possibilità di non promuovere chi non raggiunge gli obiettivi minimi della classe frequentata, anche alla scuola primaria e secondaria di primo grado. La promozione garantita è un incentivo al disimpegno e alla cialtroneria di chi viene a scuola “a scaldare il banco”, come dicevano ai tempi miei.
Un altro provvedimento da prendere sarebbe quello di limitare la presenza dei genitori nella scuola e la loro invadenza nel lavoro dei docenti, con il divieto di fare ricorso contro le decisioni dei Consigli di Classe dei docenti, organi sovrani. In tale ottica andrebbe anche abolita in modo totale la possibilità, offerta dalle scuole private dietro pagamento, di recuperare gli anni perduti in seguito alle bocciature. Chi non viene promosso dovrebbe obbligatoriamente ripetere l’anno, senza appello. Altri provvedimenti andrebbero presi poi sul piano disciplinare: esclusione dallo scrutinio e conseguente perdita dell’anno scolastico per gli studenti che si rendono responsabili di gravi mancanze disciplinari e di episodi di violenza o intimidazione nei confronti dei docenti. Per i genitori che aggrediscono presidi o professori, immediata denuncia e condanna penale da scontare in carcere. In tal modo gli animi si calmerebbero subito.
Mi rendo conto che, redatti in questa forma, i miei suggerimenti sembrano troppo drastici, conservatori e reazionari; si potrebbe perciò pensare ad un’applicazione graduale di queste misure, che però sono le uniche che potrebbero riportare gli studenti a saper comprendere ciò che leggono, a saper scrivere senza quegli errori ortografici, sintattici e lessicali di cui oggi c’è grande abbondanza (basta leggere i commenti sui social come Facebook), ed a conoscere le tabelline senza dover prendere in mano la calcolatrice per sapere quanto fa cinque per quattro. Le novità inserite nella scuola a seguito del delirio sessantottino, che fanno sentire le loro funeste conseguenze ancor oggi, debbono essere superate se vogliamo tornare ad una scuola che insegni veramente e che sviluppi veramente le qualità di ragionamento, di analisi e di sintesi. Altrimenti saremo sempre gli ultimi, ed a nulla serviranno le lamentele e le reazioni indignate di fronte alla situazione attuale, che spesso vengono proprio da coloro che hanno avuto una parte non piccola di responsabilità in questo inarrestabile declino.