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Questa sinistra…

Chiunque abbia un po’ di buon senso e di equilibrio mentale, nell’osservare il dibattito politico del nostro Paese, non può non constatare come sia vero che in Italia abbiamo l’opposizione più faziosa e inconcludente che si possa immaginare. Quella del PD, dei Cinque Stelle e della sinistra estrema (quella per intenderci, che fa eleggere una squadrista pregiudicata al Parlamento Europeo) non è una opposizione quale dovrebbe essere quella di un qualsiasi paese democratico. Nelle nazioni che possono fregiarsi di questo nome l’opposizione ha il compito di criticare l’operato del governo, ma anche quello di indicare valide soluzioni alternative, e soprattutto quello di collaborare con l’esecutivo per migliorare la vita dei cittadini. Invece cosa fa la sinistra italiana, che ha governato per anni senza il beneplacito del consenso popolare e non è stata capace di produrre alcunché di utile? Mette sempre e comunque i bastoni tra le ruote con inutili barricate, provocazioni e insulti a qualunque cosa dica o faccia il governo Meloni, per puro fanatismo ideologico e utilizzando persino la falsità e la menzogna nel contestare dati e cifre che, proprio per il loro carattere oggettivo, non possono essere smentite. Che l’occupazione in Italia sia aumentata nell’ultimo anno e mezzo è un fatto, non un’opinione; che il cuneo fiscale sia stato ridotto per aumentare gli stipendi dei lavoratori, è un fatto, e altre cose si potrebbero aggiungere. Ma per costoro, per il loro pervicace catastrofismo, va tutto male, siamo tutti alla fame, il governo Meloni provocherà l’invasione delle cavallette ecc. ecc. e soprattutto tornerà in fascismo. Già me le vedo le camicie nere per le strade, con il fez e l’olio di ricino. Roba da far ridere i polli, ed è ben strano che persone che hanno studiato, che siedono in Parlamento, non si accorgano di quanto sono ridicole.

Questo atteggiamento è stupido, oltre che inconcludente, come anche le ultime elezioni hanno dimostrato premiando il partito di maggioranza relativa. Continuare a demonizzare e insultare l’avversario, come fa la nostra sinistra, finisce per aiutarlo, è un vero boomerang che colpisce in testa chi mette in atto simili comportamenti. Dovrebbero averlo capito già da Berlusconi, che hanno insultato e perseguitato in tutti i modi legali e illegali, finendo per fargli vincere ancora le elezioni; e così sarà per Giorgia Meloni, che più sarà insultata e più avrà il consenso popolare. Con un’opposizione di infimo livello come abbiamo, c’è da star certi che il centro destra governerà ancora per decenni.

Quello che salta agli occhi è l’inconsistenza, l’incompetenza di chi critica gli altri senza aver prima dimostrato le proprie capacità. La Schlein (che non si sa come abbia fatto ad arrivare alla guida di un partito, e non dico altro) che esperienza ha, cosa ha fatto di buono quando era assessore all’ambiente in Emilia-Romagna? Molto poco, viste le alluvioni che poco dopo si sono abbattute su quella regione. E i Cinque Stelle, peggio ancora: quando sono stati al governo hanno varato i provvedimenti più assurdi e insensati che mai si siano visti nella nostra storia, come il reddito di cittadinanza che privilegiava i fannulloni e il lavoro nero o il Superbonus del 110 per cento che ha letteralmente prosciugato le casse dello Stato. Forse il signor Conte ha letto “Pinocchio” e ha pensato di imitarlo nel dire menzogne agli italiani, oltre a far credere ai cittadini di vivere nel Paese di Balocchi dove lo Stato può dare tutto a tutti senza lavorare. Un partito del genere dovrebbe sparire dopo le prove di assoluta incompetenza che ha fornito; e voglio tacere della gestione della pandemia del governo Conte 2, perché se dico quel che penso vengo querelato.

In sostanza i signori dell’opposizione, che usano con disprezzo l’espressione “questa destra” storcendo il naso, dovrebbero dar prova di competenza e di equità, non criticare per puro partito preso, in modo strumentale e bassamente ideologico, e soprattutto non richiedere al governo attuale di fare in pochi mesi quello che loro non sono stati capaci di fare in tanti anni. E perciò anch’io, nel considerare la loro faziosità e incapacità di svolgere il loro ruolo di opposizione come dovrebbe avvenire in ogni paese democratico, ribatto al loro disprezzo esprimendo il mio con le parole “questa sinistra.”

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L’antifascismo di comodo

Allora, meglio se lo dico subito e lo scrivo addirittura in maiuscolo, come se gridassi: IO NON SONO ANTIFASCISTA. E adesso spiego il motivo di questa mia affermazione così grave, così terribile agli occhi di molti nostri connazionali. Non ho alcuna simpatia per il fascismo, ma non sono antifascista per una ragione semplice, semplicissima: perché si può essere “anti”, cioè “contro” qualcosa che è vivo, esistente e operante; ma poiché il fascismo è finito quasi 80 anni fa, non ha alcun senso oggi nel 2024 dichiararsi fascisti o antifascisti, perché quel periodo è storicamente concluso, morto e sepolto, ed è assurdo e ridicolo dopo tanti anni fondare oggi, in un mondo profondamente diverso da quello di allora, il dibattito politico sulla contrapposizione fascismo/antifascismo. Se ciò che appartiene alla storia dev’essere ancora motivo di scontro oggi, allora perché non essere, ad esempio, anti-napoleonici, anti-guelfi o ghibellini, o contro i senatori che uccisero Giulio Cesare?

L’essere antifascisti era giustificato e meritorio durante il periodo 1922-1945, quando effettivamente esisteva quella dittatura, ed era lecito opporvisi anche affrontando, come fecero tante persone, le conseguenze di quella posizione ideologica. Gli antifascisti di allora, da Croce a Gramsci, vanno elogiati per il loro coraggio, ma perché combattevano contro un nemico esistente e potente, che aveva conculcato le libertà individuali e collettive; ma essere antifascisti oggi è semplicemente ridicolo, significa combattere contro ombre e fantasmi che non esistono in alcun luogo. La battaglia di don Chisciotte contro i mulini a vento era senza dubbio più intelligente. E non è certo convincente dire che la nostra Costituzione è antifascista: certo che lo è, perché fu redatta poco tempo dopo la fine di quella dittatura, mentre se fosse scritta oggi o fosse rinnovata (come sarebbe auspicabile) non sarebbe solo antifascista, ma sarebbe contro tutte le dittature, senza distinzione alcuna, come lo sono quelle degli altri paesi occidentali. L’Italia è rimasta l’unica a rimestare eventi di un secolo fa, mentre sarebbe molto più sensato pensare al presente e al futuro, chiudendo finalmente questa storia del fascismo e dell’antifascismo, categorie che appartengono alla storia e non debbono essere più oggetto di discussione e di divisione nel mondo attuale.

Ma perché, nonostante il ridicolo che una tale posizione suscita, la sinistra continua a insistere su questo tasto e pretende la patente di “antifascista” da tutti, come se vi fosse veramente un pericolo di ritorno al fascismo? Se qualcuno crede questo è un visionario, per non dire di peggio, perché oggi nessuna forza politica si richiama più a quel periodo, nessuno mette in discussione la democrazia e le libertà che ne conseguono. Anzi, dico io, se un appunto si può fare a questo governo è di segno contrario, quello cioè di non identificarsi abbastanza negli ideali della destra storica e di essere divenuto – specie in politica estera – una fotocopia dei precedenti esecutivi, quelli di Draghi, Conte, Gentiloni, Renzi e compagnia bella.

La verità è che le ideologie, come le religioni, hanno bisogno di un “nemico” per poter sopravvivere alla loro inevitabile caduta. Per questo i cristiani si sono inventati il diavolo, gli angeli ribelli a Dio, gli infedeli da sterminare nelle crociate, e così hanno fatto i musulmani e tutti gli altri. Il marxismo, da cui deriva sempre la nostra sinistra, è un’ideologia, cioè una religione laica, e perciò anch’essa ha bisogno di un nemico per poter giustificare la propria esistenza; altrimenti verrebbe in luce l’assoluta insensatezza del PD, dei Cinque Stelle e delle altre formazioni di sinistra, che hanno dimostrato di non avere alcuna risposta valida ai problemi attuali, né argomenti consistenti, e di non avere più neanche una ben precisa identità, da quando questi partiti hanno del tutto abbandonato le tematiche sociali per le quali prima lottavano. Se un tempo il PCI aveva tanti sostenitori perché s’identificava nelle lotte operaie e contadine, ora il PD non può avere gli stessi consensi sostenendo i diritti dei gay e l’idiozia del “politicamente corretto,” perché i cittadini con pieno diritto non li seguono più. Tutta la sinistra è in grave crisi e rischia di scomparire; perciò, avendo solo leali avversari e non nemici, è costretta a inventarsi un “nemico” inesistente per nascondere i gravi problemi di sussistenza che la opprimono. Ed ecco quindi che in maniera piuttosto patetica riesuma il cadavere del fascismo morto, sepolto e decomposto, sperando ingenuamente di evitare l’inevitabile disastro a cui la conduce la propria totale inconsistenza.

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La fine della democrazia

Tutti si sono indignati per quanto avvenuto negli Stati Uniti e hanno detto che è stato violato il tempio della democrazia. Già qui c’è un errore, secondo me, perché l’origine dei regimi democratici non sta certo in America, ma caso mai nell’antica Atene del V° secolo a.C. e, per l’epoca moderna, nei principi della Rivoluzione Francese. Ma tant’è. Quello che vorrei dire è che Trump o chi per lui non è stato certo il primo a provocare il vulnus alla democrazia cui assistiamo da tempo, ma in realtà questa forma di governo, che oggi appare l’unica possibile e accettabile a giudizio generale, è imperfetta dappertutto, non è mai giusta e completa, e spesso dove ci si riempie la bocca con nobili concetti come “democrazia”, “giustizia”, “uguaglianza” ecc. è proprio il luogo dove questi principi sono trascurati e calpestati.

La democrazia ha dei difetti di suo, inutile negarlo. Alexis de Tocqueville disse ch’essa altro non è che la dittatura della maggioranza, e aveva perfettamente ragione; Churchill disse che i sistemi democratici avevano grandi difetti, ma che gli altri erano peggiori. Comunque, lasciando stare i difetti altrui, credo anch’io che la democrazia di per sé sia un sistema fortemente imperfetto, per diverse ragioni: 1) decide la maggioranza, ma questo è un fatto puramente quantitativo, non qualitativo, dato che nella storia è stato tante volte dimostrato come la ragione stesse dalla parte delle minoranze, o addirittura di chi era solo a proclamare certe verità (vedi i casi di Giordano Bruno e di Galilei); 2) il principio di uguaglianza tra i cittadini non dovrebbe esercitarsi in campo politico, perché per amministrare uno Stato non basta essere cittadini onesti, occorrono competenze e capacità che spesso i politici non hanno. E’ anche ingiusto, a mio parere, che il voto di un analfabeta valga quanto quello di un premio Nobel: per partecipare alla gestione dello Stato, anche semplicemente come elettori, occorrerebbe dimostrare di avere un minimo di cultura civica e politica; 3) in democrazia le masse sono facilmente manovrabili da parte di demagoghi senza scrupoli, che ai nostri tempi si servono abilmente dei mezzi di informazione (TV, social, Web ecc.) per addormentare le coscienze con promesse fasulle da imbonitori, come ad esempio il reddito di cittadinanza e lo Stato assistenziale che, invece di rilanciare il lavoro e l’impresa, distribuisce soldi a chi non fa nulla in cambio di voti.

Così, con la manipolazione delle masse mediante i mezzi di informazione ed il pensiero unico imposto a tutti, la millantata democrazia si trasforma in una dittatura strisciante, come quella che abbiamo oggi nel nostro Paese ad opera di un governo di persone del tutto inesperte e sprovvedute che, occupando di forza i principali canali TV (tutta la Rai è filogovernativa, basta ascoltare telegiornali faziosi come il TG1 con giornalisti servi del potere, per non parlare della “Sette”) diffonde il proprio pensiero facendolo passare per l’unica possibile verità e fa il proprio interesse spacciandolo per quello dei cittadini. Così continuano a terrorizzare le persone con la paura del virus, mostrano continuamente scene di morte e ospedali dove le persone soffrono, oppure presunti assembramenti di giovani che vengono criminalizzati e fatti passare da untori, quando è il governo ad essere del tutto inefficiente, essendosi limitato a toglierci la libertà e a distruggere l’economia anziché provvedere a migliorare i settori critici (v. i trasporti) ed a lasciar vivere le categorie produttive. Con questo virus bisogna conviverci, c’è poco da fare, e ciò che si dovrebbe fare non è chiudere tutto, ma consentire alle persone di vivere e di lavorare pur rispettando i protocolli di sicurezza. In molti paesi hanno fatto questo e non stanno certo peggio di noi, visto che l’Italia, nonostante il lockdown cinese a cui ci hanno costretto, ha ancora il primato delle morti per Covid. E’ chiaro quindi che il sistema delle chiusure non funziona e danneggia gravemente la libertà individuale garantita dalla Costituzione.

Ecco così che la democrazia in Italia resta un involucro vuoto, una parola priva di significato. Nella realtà dei fatti questo governo nato da un inciucio vergognoso e non eletto da nessuno ha instaurato una dittatura, approfittando della maggioranza che ha ma soprattutto mistificando la realtà e terrorizzando i cittadini con l’appropriazione dei mezzi di informazione. Certo, la pandemia non l’ha inventata il governo Conte 2, ma ha saputo cavalcarla bene per restare ben attaccato alle poltrone. Quando si procede per DPCM bypassando il Parlamento, quando l’opposizione non viene ascoltata, quando chi non è d’accordo con il pensiero unico imposto dalla televisione viene insultato, sbeffeggiato e bollato con le solite etichette di “fascista”, “razzista”, “omofobo”, “complottista”, “negazionista” ecc. e quindi annullato nel suo potenziale comunicativo, non si può più parlare di democrazia, ma di vera e autentica dittatura. Certo, non è una dittatura come quelle di Mussolini, Hitler e Stalin, non usa il manganello, i carri armati e la fucilazione, perché oggi non ce n’è più bisogno. Non c’è necessità di mettere a tacere i dissidenti con la forza, basta fare in modo che non siano né ascoltati né tanto meno seguiti. Per detenere un potere totalitario basta la televisione, come già intellettuali del calibro di Popper e Pasolini avevano lucidamente previsto.

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Il potere e la cultura

Fin da tempi molto antichi chi voleva conquistare e mantenere il potere in uno Stato doveva in qualche modo fare i conti con la classe intellettuale, il cui appoggio si rivelava non solo utile ma addirittura indispensabile. Tutti i regimi, di qualunque origine e con diverse modalità, si sono procurati il sostegno ideale di poeti, scrittori, filosofi, artisti, ecc., il cui operato diventava una cassa di risonanza formidabile per giustificare e rendere accettabile qualsiasi forma di potere. Gli esempi storici sono svariatissimi e non è possibile citarli tutti. Già Pericle, capo del regime democratico ateniese del V° secolo a.C., assoldò pittori, architetti e scultori per erigere monumenti che dessero al visitatore l’immagine di una città non solo bella, ma efficiente e ben governata; Ottaviano Augusto a Roma fece la stessa cosa, ed in più si procurò l’appoggio della classe intellettuale del tempo mediante l’amico Cilnio Mecenate, che proteggeva e sostentava anche economicamente poeti e scrittori purché fornissero al mondo l’immagine artefatta di un sistema politico perfetto e persino derivante dalla volontà divina, secondo il messaggio subliminare contenuto nella più grande opera letteraria dell’epoca, l’Eneide di Virgilio. Senza citare tutti gli artisti, gli scrittori ed i poeti “di corte” succedutisi in duemila anni, basti ricordare che nel XX secolo anche Mussolini, Hitler e Stalin hanno avuto i loro intellettuali di regime, giacché anch’essi comprendevano che il potere più stabile e forte è quello che si fonda sul consenso, non soltanto sulla forza; ed è la classe intellettuale di un paese, più che i proclami e le parate di regime, a favorire e procurare il consenso delle masse.
Senza bisogno di ulteriori prove, credo che sia evidente a tutti l’importanza fondamentale che la cultura possiede, in qualsiasi nazione e con qualsiasi forma di governo, per orientare il pensiero dei cittadini e sostenere i valori in cui essi ripongono la loro fiducia. Ma purtroppo in Italia, dagli anni ’60 del XX secolo in poi, questo concetto basilare è stato trascurato e colpevolmente dimenticato dalla classe dirigente democristiana dell’epoca: essa ha commesso il più grave errore che si potesse compiere, che non è il clientelismo e la corruzione che dilagavano durante i lunghi anni dei vari governi a base DC, ma l’aver lasciato insensatamente il monopolio della cultura alla sinistra, da quella moderata a quella più estrema dei gruppi extraparlamentari e terroristici. Dal ’68 in poi l’unica cultura presente in Italia è stata quella marxista, che ha occupato prepotentemente tutte le università, quasi tutte le scuole superiori, la maggioranza dei giornali e delle televisioni, tanto da riuscire a presentare all’opinione pubblica la sua Verità come fosse l’unica possibile e plausibile. Nessuno ha saputo opporsi a questa dittatura culturale: né i cattolici, che hanno avuto poco spazio ed hanno finito poi per accettare molte istanze culturali dell’ex nemico comunista (ed è venuto fuori il famoso “cattocomunismo” che dura anche oggi), né tanto meno la destra, rinchiusa dalla brutale violenza avversaria nel lazzaretto degli appestati, gravata dall’infamante bollatura di “fascista” e incapace di esprimere personalità culturali di rilievo, a parte pochissime eccezioni.
Questa situazione di sudditanza di tutto il Paese a un’unica cultura, ad un pensiero unico, dura ancor oggi, benché la sinistra abbia ormai abbandonato e tradito del tutto le proprie origini e non parli più da molti anni di rivoluzioni con falce e martello; anzi, gli ex sessantottini bombaroli di allora oggi sono distinti funzionari di banca o dirigenti d’azienda, vanno in giro con macchine di lusso, alcuni di loro hanno il portafogli gonfio ed il Rolex al braccio, del tutto dimentichi di quello che un tempo fu il proletariato. Operai e contadini, chi sono costoro? La sinistra di oggi non li conosce più, ed infatti sono quasi tutti migrati verso la Lega e i Cinque stelle. Eppure, nonostante questo clamoroso voltafaccia di partiti come il PD, che farebbe rivoltare Berlinguer nella tomba, il pensiero unico esiste ancora sotto mutate forme e continua a condizionare l’opinione pubblica in maniera pesante ed esclusiva. Ancora oggi i centri della diffusione culturale sono in gran parte in mano alla sinistra; e non mi riferisco solo alle università ed alle scuole, dove l’80 per cento dei docenti si riconosce in quella parte politica, ma anche alle emittenti televisive, alcune delle quali sono smaccatamente faziose e continuano a propagandare, come macchine da guerra, il pensiero unico buonista che sostiene l’immigrazione clandestina, le teorie gender, l’abbandono dei valori morali e religiosi propri della nostra tradizione, accusando tutti coloro che non si allineano a questa dittatura culturale di essere arretrati, sovranisti e soprattutto fascisti. A questo proposito ho denunciato più volte su questo blog l’assurda posizione di chi, dopo 75 anni dalla fine del fascismo, continua a tenerlo forzatamente in vita per poter avere un “nemico” contro cui scagliarsi e additarlo così al pubblico disprezzo. Nell’antica Roma chi aveva compiuto reati infamanti era proclamato sacer, cioè consacrato agli dèi infernali, ed era perciò considerato un reietto, un rifiuto della società, tanto che nessuno gli rivolgeva più la parola ed era lasciato molto spesso morire di fame. La stessa cosa si fa oggi con chi non si allinea ai “santi principi umanitari” della sinistra: è fascista, quindi sacer, escluso dal consorzio civile.
La colpevole inerzia dei governi democristiani, che hanno lasciato alla sinistra il monopolio della cultura in questo paese, continua ancora oggi a produrre danni incalcolabili. L’odio e la violenza verbale dilagano sui social e sulla stampa, sostenuti e amplificati da canali televisivi come Rai 3 o la 7, veri centri di diffusione di menzogne e di false accuse; ed il guaio è che l’uomo comune, a forza di sentir ripetere idiozie come il “pericolo fascista” o accuse infamanti contro il nemico di turno (ieri Berlusconi, ora Salvini) finisce per crederci, e da questo clima dei tensione artatamente creato nascono poi persino movimenti di piazza formati da beoti arrivisti e pecoroni che li seguono, come sono appunto le cosiddette “Sardine”. Quando una parte politica riesce ad affermare il proprio credo mediante strumenti culturali (ed anche la televisione lo è, nonostante il suo infimo livello) e nessuno la contrasta, diventa facile orientare l’opinione pubblica e far credere a tante persone ignoranti e superficiali che quella è l’unica possibile verità. C’è poi un’altra cosa importante da considerare: che il monopolio culturale della sinistra, durato molti decenni (dal ’68 ad oggi), ha fatto sì che appartenere a quell’area politica sia ancor oggi “trend”, tanto da far credere che abbracciando quella ideologia e quel pensiero si diventi automaticamente intellettuali, persone rispettate e rispettabili. Per questo tanti professorini che aspirano a diventare professoroni, tanti scribacchini che aspirano a diventare scrittori, tanti giornalai che aspirano a diventare direttori di grandi testate, tutti costoro si fregiano dell’onore e del prestigio che viene loro dall’essere di sinistra. Magari poco sanno e nulla condividono di quelli che furono gli ideali di Gramsci, di Nenni e di Berlinguer, ma si dichiarano di sinistra perché è alla moda, fa tendenza. E così nel nostro sventurato paese si continua a negare le verità storiche più evidenti, a paventare fantasmi del passato che non esistono e ad accettare diktat e ricatti ignominiosi dagli stranieri per non passare da sovranisti. E a questo punto c’è da esser certi che a rivoltarsi nella tomba non sono soltanto i fondatori del marxismo tradito dai comunisti con il Rolex, ma anche tutti coloro che hanno combattuto e dato la vita per la l’indipendenza e la sovranità di un Paese che oggi, proprio per la diffusione del pensiero unico, è diventato nuovamente terra di conquista e di immigrazione incontrollata.

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Il fascino del potere

Ho aspettato a lungo prima di scrivere questo post, perché quanto accaduto nella politica italiana mi ha lasciato talmente sbalordito da impedirmi, per un po’, di esprimere il mio parere in modo lucido e circostanziato. Prima dell’8 agosto, data in cui è venuto meno l’accordo che teneva in piedi il governo precedente, non avrei mai ritenuto possibile il verificarsi di quello che è accaduto in queste ultime settimane, cioè lo sciagurato inciucio tra due forze che per dieci anni (non per dieci giorni!) si sono insultate e infamate a vicenda, al punto di affermare solennemente che mai e poi mai si sarebbero messe insieme. E invece poi, per paura di perdere le elezioni e le poltrone, l’hanno fatto, in barba non tanto alla legge (perché su questo piano il nuovo governo è pienamente legittimo) quanto della coerenza e della dignità, due elementi che io credevo ancora appartenessero alle persone che il popolo ha eletto e che ci dovrebbero degnamente rappresentare. Uno spettacolo indegno che solo tra burattini senza onore può trovar luogo, non certo tra uomini degni di questo nome.
La mia meraviglia, poi sostituita da un’invincibile indignazione, non riguarda tanto il cosiddetto “Movimento cinque stelle”, quanto il PD, il partito cioè erede di Togliatti e di De Gasperi, di Berlinguer e di Moro, oltre che di tanti altri onorati uomini di stato, che mai avrebbero compiuto un simile vergognoso inciucio operato al solo scopo di salvare le poltrone ed il potere. Che i Cinque Stelle (che io ho sempre detestato e che amo definire “Cinque Stalle”) fossero delle banderuole prive di ogni competenza ed intelligenza politica, l’avevamo già constatato in abbondanza: un giorno dicono una cosa ed il giorno dopo il suo contrario, si accaniscono contro la “casta” senza accorgersi che anche loro ne fanno parte come e più degli altri, mettono paletti assurdi alla realizzazione di opere pubbliche che sarebbero utili a tutto il Paese e mostrano tutta una serie di incoerenze e di contraddizioni che sarebbe superfluo ripetere qui. Quindi non mi stupisco del loro voltafaccia, della loro vergognosa incoerenza tipica di chi non sa neanche da lontano cosa sia la politica. Sono un partito nato per iniziativa di un buffone e dalla volgare messinscena dei “vaffa…” con cui hanno iniziato la loro attività; quindi da individui del genere, lucida dimostrazione della superficialità e dell’ignoranza che caratterizza la società digitalizzata dei “social”, non ci si poteva aspettare di meglio. Ma quel che stupisce e addolora è il comportamento del PD, i cui dirigenti fino a pochi giorni prima dell’inciucio proclamavano solennemente che mai si sarebbero accordati con chi li aveva insultati e accusati per tanti anni, gli esecrati “grillini”. E invece poi hanno rovesciato la giacca in modo molto più indegno e vergognoso della peggiore tradizione democristiana.
Quale è stato il motivo di questa vergogna? Ovviamente il terrore delle elezioni, la paura di perdere quelle poltrone e quel potere a cui sono attaccati con la colla più potente che si possa immaginare. Il discorso di Renzi che ha dato vita all’inciucio è illuminante: ha cercato di mascherare ipocritamente con “il bene dell’Italia” quello che è un interesse totalmente personale, perché egli sa perfettamente che se si fosse andati alle elezioni non solo il suo partito avrebbe perso consensi, ma soprattutto li avrebbe persi lui; il compito di compilare le liste elettorali, infatti, sarebbe spettato al segretario Zingaretti (il Montalbano junior) e alla sua cerchia, i quali avrebbero eliminato già in partenza tanti uomini di fiducia del machiavellico ras fiorentino. Quindi, facendo finta di dolersi di tanto sforzo, egli ha per primo proposto l’inciucio con quella banda di incapaci che sono i 5 Stelle, convinto che così avrebbe potuto mantenere il proprio potere. Altri adoratori delle poltrone si sono subito allineati ed hanno fatto a gara a prostituire la propria dignità: persone come Franceschini, che del resto non è nuovo a questi giochetti, hanno visto la possibilità di occupare posti di comando e hanno aderito convintamente all’iniziativa. E’ molto difficile a questo punto, per il sottoscritto, descrivere il senso di schifo – e uso convintamente questa parola – che mi ha preso quando ho visto realizzarsi questo scellerato progetto; un senso di profondo disgusto mitigato solo dalla speranza che questo governo non abbia futuro e che prima o poi dovrà sottoporsi al giudizio degli italiani, i quali sapranno premiare nel modo dovuto chi ha fatto della sete di potere l’unico scopo della propria attività politica, mostrando di non avere più traccia del proprio onore e della propria dignità.
In tutto questo processo un’attenzione particolare merita il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, persona sconosciuta fino a un anno e mezzo fa e portato alla ribalta dalla banda di Di Maio e dei suoi padroni. E’ stato detto che costui è riuscito a farsi ammirare perché è l’unica persona di cultura in mezzo a tanti ignoranti, e questo è sicuramente vero; ma la cultura, se nobilita la persona, non nobilita certo le sue azioni quando queste sono dettate da puro egoismo e interesse personale. Egli ha diretto un governo con la Lega e poi, nello spazio di meno di un mese, ne sta dirigendo un altro con il PD; quindi dire che è un opportunista e una banderuola è naturale per chi guardi la politica con un po’ di oculatezza. Si dice che si è fatto apprezzare in Europa: ci mancherebbe che non lo avesse fatto, visto che fa l’umile servitore della Merkel e di Macron. Qualcuno forse spera che con questa politica di asservimento e di frustrazione della nostra identità nazionale i paesi europei apprezzino di più l’Italia e le diano sostegno? Io credo invece che chi si sottomette è un vile e non fa altro che aggravare la condizione di subordinazione in cui ci troviamo da sempre, da quando avevamo gli stranieri in casa ad occuparci e sfruttarci. Siamo tornati ad essere colonizzati da tedeschi e francesi, non abbiamo più dignità in ambito internazionale, siamo un protettorato di altri. Garibaldi e Vittorio Emanuele, se fossero ancor vivi, morirebbero di crepacuore.
Di fronte a questa prostituzione politica, a questo vergognoso inciucio, non resta che sperare che questo orribile governo cada il più possibile e che si restituisca la parola ai cittadini italiani, i quali giudicheranno l’operato dei compagni di merende che, dopo aver fatto i nemici per dieci anni, si sono messi insieme per godere della mangiatoia pubblica. Prima o poi la verità verrà a galla e allora vedremo che fine faranno questi figuri che non hanno alcuna dignità: i Cinque Stalle spariranno presto dalla scena politica appena gli elettori si renderanno conto della loro incompetenza e dell’incoerenza profonda che caratterizza ogni loro iniziativa; il PD poi, il partito che fu di Moro e di Berlinguer, dovrà rendere conto ai propri stessi sostenitori di questo comportamento indegno che certamente resterà nella storia. Benché la memoria delle persone oggi sia molto corta, un tradimento come questo dei propri ideali e delle proprie radici non potrà essere facilmente dimenticato.

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Aristofane e i 5 stelle

Quello che temevo si è puntualmente verificato: l’Italia degli ignoranti, dei qualunquisti e dei piagnoni ha votato in massa per il Movimento Cinque Stelle, che è adesso il primo partito nazionale largamente maggioritario, che ha ottenuto un successo strabiliante soprattutto nel Meridione, dove in alcuni luoghi supera il 50% dei voti validi. Le ragioni di questo successo le ho già dette nei precedenti post, dove avevo amaramente previsto ciò che sarebbe successo, cioè la vittoria di un soggetto politico privo di qualunque base ideologica e culturale, fondato da un comico buffonesco e da un faccendiere, un partito che ha saputo solo distruggere per cinque anni ciò che altri tentavano di fare, insultando gli avversari, dicendo sempre di no pregiudizialmente a tutto e tutti e non facendo mai proposte concrete. La loro millantata onestà è stata smentita dalle firme false che hanno fatto in Sicilia e dai falsi rimborsi di parte dello stipendio; la loro incompetenza è emersa nelle amministrazioni delle città da loro governate; i loro capi non hanno mai fatto nulla in vita loro, eppure nonostante ciò sono stati votati da milioni di persone. Cosa ha spinto queste persone a votarli nonostante tutto ciò che di negativo emergeva nei loro confronti? L’ingenuità di tanti italiani, convinti che il nuovo sia sempre per definizione migliore del vecchio, senza pensare che si può anche cadere dalla padella nella brace. A ciò si aggiunge un’innata avversione degli italiani per chiunque governi, che viene sempre bistrattato e insultato, qualunque cosa faccia. In proposito mi chiedo, riprendendo un commento di un lettore di Facebook, che cosa abbia mai fatto Renzi di tanto terribile da essere odiato fino a questo punto, tanto cioè che gran parte del suo elettorato lo ha abbandonato per riversarsi sui 5 stelle. Ma il successo di questi ultimi si spiega anche con l’ingenuità e l’illusoria speranza di coloro che credono alla favola del reddito di cittadinanza, cioè che sia possibile, in un paese come il nostro privo di materie prime e con un debito pubblico gigantesco, avere uno stipendio senza far nulla. Nel Meridione questa mirabolante e buffonesca promessa, per la quale Di Maio e compagnia non troveranno mai i fondi necessari, ha fatto gola, perché in quelle regioni si è più inclini a farsi assistere dallo Stato (si veda anche il gran numero di false pensioni di invalidità) piuttosto che a prendere iniziative imprenditoriali. Al Governo si deve chiedere di creare posti di lavoro, non di dare soldi per starsene in casa sul divano a guardare la tv. Non voglio essere offensivo né generalizzare, ma è ben noto che nelle regioni meridionali questa mentalità è abbastanza diffusa, altrimenti non si spiegherebbe, da parte de 5 stelle, un successo di queste proporzioni.
Osservando la triste realtà creatasi in Italia dopo le elezioni, mi è venuto da pensare – da docente di lingue e letterature classiche – che il grande poeta comico Aristofane, vissuto tra il V° ed il IV° secolo avanti Cristo, avesse già previsto una situazione politica simile a quella odierna. In una delle sue prime commedie intitolata I Cavalieri due servi, dietro i quali si celano probabilmente due strateghi ateniesi, sono disperati per il cattivo governo della loro città, che si lascia guidare da un demagogo chiamato Paflagone, il cui nome deriva da un torrente impetuoso ed allude alla torrenziale eloquenza di Cleone, il successore di Pericle da poco defunto. Il popolo, condizionato dalla demagogia del Paflagone, è raffigurato come un vecchio rimbambito, incapace ormai di decidere alcunché; per questo i due servi decidono di tentare un cambiamento di governo a nome della classe dei cavalieri, da sempre ostili al regime democratico, sostituendo il Paflagone con un altro demagogo che sarà in realtà un fantoccio nelle mani dei cavalieri stessi. Poiché tuttavia lo Stato ateniese sta andando alla deriva e più i politici sono disonesti e incapaci tanto più piacciono al popolo, sarà necessario trovare un leader che non sia migliore del Paflagone ma peggiore, cioè ancor più incompetente e disonesto, in modo che il popolo lo accetti e i burattinai possano controllare meglio il loro burattino. Viene così scelto un macellaio, che si chiama Agoracrito ma che nel testo viene chiamato genericamente “il Salsicciaio”. Costui, con discorsi di assurda demagogia e di grande meschinità morale, batterà l’avversario e governerà quindi, da allora in poi, al posto suo. Così il popolo, mediante un rito magico, ringiovanirà per effetto del nuovo regime, il quale però si prepara ad ingannarlo quanto e più di quanto non facesse il demagogo precedente. Questa dei Cavalieri è una delle tante geniali trovate di Aristofane, un grande poeta ateniese che, con il paravento dell’illusione e del linguaggio ludico, vuole in realtà criticare la gestione politica della sua città, della quale non era soddisfatto. Come tutti i grandi comici, anche Aristofane nasconde dietro al riso un intento profondamente serio, direi quasi uno stato di angoscia permanente.
A me la situazione politica italiana del dopo-elezioni pare assomigliare abbastanza alla commedia aristofanea: i due artefici del cambiamento politico (cioè Grillo e Casaleggio, fuor di metafora) intendono eliminare il Paflagone (cioè Renzi) per sostituirlo con il Salsicciaio (Di Maio) che non è migliore, ma peggiore del rivale, e sarà solo un burattino nelle loro mani, finché condurrà la città alla rovina completa. Il popolo ingenuo e ignorante crede alle promesse del Salsicciaio e si illude persino di ringiovanire, ma ben presto si scoprirà che dietro il populismo e le promesse di costui si cela in realtà l’interesse di chi l’ha voluto in quel ruolo, i burattinai dei quali egli è semplice strumento. Ed in effetti, poiché la politica di anno in anno va di male in peggio, la sostituzione di una maggioranza politica con un’altra non può che aggravare la vita dei cittadini, illusi con false vanterie (l’onestà dei 5 stelle) e vuote promesse (il reddito di cittadinanza).
Questo paragone mi è venuto in mente all’improvviso, senza una ragione precisa e dovuto senz’altro al mio sconfinato amore per gli autori classici e per la loro modernità, della quale mi è parso di ravvisare in questo risultato elettorale un tangibile esempio; ma alla base di ciò c’è anche la mia profonda delusione dovuta ad una visione della politica ormai inveterata e del tutto avulsa da quella di oggi, che non segue più né ideologie né progetti concreti ma è pronta a credere al primo Salsicciaio che si presenta con il visino pulito di un giovane di 31 anni che non ha mai dimostrato di saper fare nulla in vita sua ma che è riuscito a incantare tanti italiani con le sue vanterie e le sue promesse a vuoto. Come ho detto altrove, a questo punto spero che i 5 stelle governino davvero, così chi li ha votati farà presto ad accorgersi che ha scelto il nulla e altrettanto presto cambierà idea. Io intanto chiedo scusa se in questi ultimi post ho parlato troppo di politica e ho scoperto quelli che sono i miei convincimenti, ma voglio precisare che ciò è avvenuto con lo strumento del blog e al di fuori del mio lavoro, perché tutti possono constatare che io di politica a scuola non parlo mai né ho mai cercato di indottrinare nessuno. Comunque, a scanso di equivoci, d’ora in poi tornerò a parlare di scuola e di argomenti di carattere culturale, sperando di interessare ancora a qualcuno e possibilmente di ricevere qualche commento.

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