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La lingua violentata dal “politicamente corretto”

Si sa che tutte le lingue parlate nel mondo sono soggette ad evoluzione, per cui i vari termini ed espressioni possono cambiare significato e assumere con l’uso accezioni diverse nel corso dei secoli: si pensi, tanto per fare un solo esempio, al termine “bravo”, che nel romanzo manzoniano equivale a “manigoldo, delinquente” e che invece oggi ha un’indubbia valenza positiva. Le trasformazioni semantiche sono quindi un aspetto dello sviluppo naturale della lingua; in certi casi, però, queste variazioni sono ricercate e applicate volontariamente da certi individui o gruppi sociali per ottenere un effetto loro vantaggioso e denigratorio nei confronti di altri individui o entità sociali loro opposti.

Ecco quindi nascere il cosiddetto “politicamente corretto”, che dall’America sua terra di origine si è poi diffuso anche da noi. Questo deliberato inquinamento della lingua, col pretesto di salvare la dignità dei “diversi” o comunque di gruppi sociali minoritari, ha finito per stravolgere il senso delle parole e persino per mettere in cattiva luce, con conseguenze anche penali in alcuni casi, chiunque non sia disposto ad accettare queste nuove regole imposte dall’alto. Perciò il cieco si chiama ora “non vedente”, il sordo “non udente”, l’handicappato con malcelata ipocrisia viene detto “diversamente abile”, e via dicendo. Con queste premesse si apre la via alla formazione di un pensiero unico che finisce per mettere all’angolo, con scherno e pubblico disprezzo, chiunque si azzardi a dissentire. Guai oggi a designare con la parola “negro” una persona di colore, benché non si riesca a vedere dove stia la carica offensiva di questo termine, che è stato invalso per secoli senza alcuna remora nella letteratura, nella filmografia, nella vita comune e perfino nelle canzoni. All’improvviso il termine è diventato infamante perché lo si è voluto rendere tale, allo scopo di imporre un nuovo codice linguistico che fosse funzionale agli interessi di certe “lobbies” o schieramente politici.

Le parole sono pietre, si sa; perciò il loro uso, il significato specifico che viene loro attribuito, può influenzare l’opinione pubblica e spingerla ad accettare determinate convinzioni ed a respingerne altre. In Italia la sinistra, che ancora domina in tutti i centri di produzione della cultura e dell’informazione (università, scuola, televisione, giornali, teatro, cinema ecc.), ha messo in atto specifiche deformazioni linguistiche allo scopo di mettere a tacere gli avversari politici con la denigrazione, lo scherno, l’insulto rivolto a tutti coloro che non accettano il “mainstream” da loro imposto all’opinione pubblica. Analizziamo alcuni termini denigratori ai quali il pensiero cattocomunista ha cambiato volutamente l’accezione comune per adattarla ai propri fini politici.

  1. Fascista. Dal significato storico di “aderente a un movimento politico al potere in Italia dal 1922 al 1945” il termine è tenuto artificiosamente in vita per designare tutti coloro che sostengono i partiti di centro-destra, o addirittura coloro che non s’identificano nel pensiero di sinistra.
  2. Razzista. Con questo termine, che indicava chi riteneva la propria “razza” superiore ontologicamente alle altre (vedi il nazismo hitleriano), oggi si intende infamare tutti coloro che si preoccupano di questa crescente invasione di stranieri clandestini, che il buonismo della sinistra vorrebbe accogliere in massa per poi lasciare queste persone nelle strade alla mercé dell’accattonaggio e della criminalità.
  3. Omofobo. Per il pensiero di sinistra indica colui che semplicemente difende la famiglia tradizionale formata da un uomo e una donna, e magari non condivide le adozioni gay e il cosiddetto “utero in affitto”.
  4. Negazionista. Un tempo usato per chi negava la Shoah degli ebrei operata dai nazisti, il termine oggi indica colui che vorrebbe ragionare con la propria testa e non si fida ciecamente della versione ufficiale dei fatti propagandata dalla televisione e dai giornali. Durante l’epidemia di covid l’etichetta infamante era appiccicata a tutti coloro che, pur ammettendo l’esistenza reale della malattia, non erano d’accordo con lo sciagurato lockdown cinese imposto dal narciso Conte e dal boscevico Speranza, oppure coloro che rifiutavano il vaccino. Oggi viene applicato a chi non accetta la versione ufficiale, sostenuta da tutte le tv e dai principali giornali, con cui viene presentata la guerra in Ucraina.
  5. Sovranista. Parola un tempo nobilitante ed equivalente a “patriota”, oggi è diventata invece un insulto, e indica con disprezzo tutti coloro che vorrebbero una maggiore indipendenza e facoltà decisionale del nostro Paese, asservito invece a questa falsa Europa dei burocrati ed all’imperialismo americano. Se Garibaldi, Cavour, Mazzini e Vittorio Emanuele II, che tanto fecero per l’unità d’Italia, avessero previsto quel che avviene oggi, si sarebbero dati all’agricoltura.

Questo stato di cose, che opera scientemente un inquinamento linguistico per imporre un pensiero unico e mettere a tacere ogni opposizione, fa sì che nel nostro povero Paese non si possa più parlare di democrazia e di pluralismo, che di fatto non esistono perché se dissenti dall’opinione prevalente vieni quanto meno sbeffeggiato e ghettizzato. La sinistra al potere (nonostante il governo di centro-destra, più di centro che di destra in verità, che abbiamo) ha di fatto instaurato una dittatura culturale che ha cambiato profondamente la struttura mentale delle persone, annullando i valori precedenti ed imponendo anche con la forza i falsi valori attuali. Di questo asservimento dell’opinione pubblica la lingua è stata uno strumento importante, la televisione il mezzo principale di diffusione del pensiero unico. Già Pasolini, oltre cinquant’anni fa, era consapevole della potenza del mezzo televisivo, che a suo parere aveva cambiato la mentalità delle persone assai più della dittatura fascista. Ed anch’io penso che se Mussolini, Hitler, Stalin o qualsiasi altro dittatore esistesse oggi non ricorrerebbe più al manganello, ai campi di concentramento o ai gulag: per addormentare il dissenso gli sarebbe sufficiente il controllo della televisione e di alcuni giornali e siti web di maggior successo.

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A proposito di omofobia

Oggi, subito dopo il TG1 delle 13,30 e quindi in fascia protetta, è andato in onda uno spot pubblicitario dove una modernissima nonna, nello scoprire che il nipote è gay, mostra una gioia straripante e chiede a lui e al suo “fidanzato” quando si sposeranno. A parte l’evidente forzatura della realtà, poiché vorrei sapere quanti sarebbero nella fattispecie i nonni ed i genitori così contenti nello scoprire l’omosessualità del figlio o del nipote, quel che è assolutamente fuori luogo è l’orario in cui questi spot vanno in onda: a quell’ora sono davanti alla tv i bambini, che hanno tutto il diritto di non essere indottrinati dall’ideologia gay e gender, che si sta cercando di imporre con la forza a tutti, e per giunta senza contraddittorio. E’ veramente disgustoso che la TV di Stato, pagata da tutti i cittadini, faccia una sfacciata propaganda a favore di minoranze che non si accontentano di rivendicare i loro diritti ma pretendono di imporre a tutti il loro pensiero, come avviene nelle dittature, non nelle democrazie. Ormai il pensiero unico si è impadronito di tutti i centri di cultura e di informazione, per cui chi non si adegua è immediatamente bollato con epiteti infamanti e rischia addirittura l’incriminazione (se dovesse passare il ddl Zan) solo per aver espresso la propria opinione.

A me risulta che l’art. 21 della nostra Costituzione non preveda affatto il pensiero unico, né la censura (perché di questo si tratta) contro chi vi si oppone; proclama invece la libertà di opinione e di espressione, ed è quindi limpido e chiaro che nessuno può essere condannato per il proprio pensiero. Oggi invece, se pur non siamo ancora alla persecuzione giudiziaria, chi crede nella famiglia tradizionale e non ama le unioni gay e tanto meno l’adozione di bambini da parte di queste persone, è bollato con il marchio infamante dell’omofobia ed escluso idealmente dal consorzio sociale. Ad esprimere idee contrarie al “politicamente corretto” si ha paura, come si vede dal fatto che anche gli esponenti di gruppi o partiti di orientamento tradizionale fanno fatica a parlare ed in parte si sono dovuti adeguare al pensiero dominante per timore della lettera scarlatta che non è più la A di adulterio, ma la O di “omofobia”.

Io invece, su questo mio blog, ho la libertà (per adesso) di dire ciò che voglio; non lo posso fare invece sui social, dove la dittatura delle lobby gay ha già occupato posizioni di comando, tanto che a chi dice qualcosa contro di loro viene sospeso o cancellato l’account. E quindi esprimo qui la mia opinione. Sono sulla strada dei 70 anni, quindi chi legge capirà perché non riesco ad adeguarmi a questa così brillante modernità, a questo esaltante “progresso” che tratta da residuati medievali coloro che pensano ancora che la vera famiglia sia quella formata da un uomo e una donna. Intendiamoci bene: sono contrario ad ogni emarginazione e ad ogni violenza contro chicchessia, quindi anche quella contro i gay. Chi offende, denigra o emargina una persona è comunque dalla parte del torto, e la violenza è sempre sbagliata, chi la compie deve essere condannato senza esitare; questo però vale per tutti, non si vede perché un pugno dato a una persona gay debba fare più male di quello dato ad un’altra persona. E’ giusto rispettare la dignità di tutti, ed io l’ho sempre fatto: nella mia lunga carriera di docente ho avuto molti studenti “diversi”, diciamo così, ma mai e poi mai mi sono permesso di fare battute a loro carico, di schernirli o di discriminarli in qualunque maniera.

Detto questo, cioè ferma condanna di qualsiasi violenza o discriminazione, resta il fatto che ciascuno è fatto a suo modo, in base all’educazione ed ai principi morali che ha ricevuto, e non si può imporre a nessuno di cambiare completamente mentalità solo perché oggi i gay sono diventati dei privilegiati o perché hanno occupato con la loro ideologia la TV ed i mezzi di informazione. Io non offendo nessuno, rispetto tutti a livello umano e personale, ma non posso evitare un moto di ribrezzo quando vedo due uomini o due donne che si baciano o quando un uomo dice “mio marito”; allo stesso modo non posso accettare l’idea delle adozioni gay o dell’utero in affitto; per lo stesso motivo non posso approvare le stupide carnevalate dei cosiddetti “gay pride”, dove si insultano i simboli cristiani o si denigra la famiglia tradizionale. Io, sempre nel rispetto personale di tutti, continuo a considerare l’omosessualità come un atto contro natura, al punto che mi sale un moto di ribrezzo al solo immaginare un rapporto sessuale tra due persone dello stesso sesso. Ed ho il coraggio di dirlo, qualunque sia la reazione di chi leggerà.

E’ qui che sorge il problema: le lobby gay e trans infatti non si accontentano di aver ottenuto i loro diritti, ma pretendono addirittura di cambiare la mente delle persone, di ipnotizzare tutti per condurli alla loro ideologia, e non tollerano alcun dissenso. E’ vero che in passato sono stati discriminati, ma ora stanno agendo come i Cristiani sotto l’impero romano, che da perseguitati divennero poi a loro volta persecutori dei pagani. Per raggiungere il loro scopo ricorrono addirittura alla minaccia della denuncia penale, e prima o poi ci arriveranno perché l’opposizione è troppo debole e soprattutto insicura e incapace di sostenere le proprie posizioni fino in fondo. Forse arriverà il momento in cui quelli che la pensano come me saranno denunciati perché credono nella famiglia tradizionale, o forse faranno come Stalin, ci manderanno nei manicomi criminali perché non siamo in grado di comprendere la sacralità di questo progresso che porta in piazza gente seminuda che insulta la Madonna e crede con ciò di aver conquistato un diritto. Per adesso mi dovete scusare, proprio non riesco, neanche volendo e ragionando, a considerare libertà e progresso ciò che è solo la squallida ostentazione di comportamenti che proprio non riesco a ritenere “normali”.

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Una legge necessaria?

E’ molto tempo che non tratto argomenti di politica sul blog perché preso da altri impegni, ma ora, a forza di sentir parlare del DDL Zan contro l’omo/trans/fobia (ma che parola è?), mi è venuto il desiderio di fare alcune considerazioni. Sono opinioni mie e come tali opinabili e forse fallaci; ma nondimento sarei contento se fossero rispettate come sono da rispettare quelle di tutti gli altri, concordino o meno con le nostre.

Punto 1. Perché la sinistra italiana, cui si sono aggiunti gli scappati di casa a 5 stelle ormai diventati lacché di quella sinistra, sostiene con tanta pervicacia e acredine la necessità di approvare subito questa legge? E’ davvero così prioritaria in una fase storica in cui tanti problemi più gravi, di ordine sanitario ed economico, sono ancora ben presenti e ben lontani da una soluzione?

Punto 2. Siamo certi che sia opportuna una legge che crea delle “categorie” di cittadini privilegiati o comunque diversificati da tutti gli altri? Le norme che puniscono la violenza e l’istigazione alla violenza ci sono già, basta applicarle. Io personalmente non vedo il motivo per cui un pugno dato ad una persona gay o “trans” dovrebbe far più male o esser giudicato più grave di quello dato ad un’altra persona. La violenza va condannata e punita TUTTA con le stesse leggi, senza categorie speciali o protette, come fossero animali in estinzione.

Punto 3. Sono sicuri gli estensori e i paladini di questa legge che, una volta approvata, finisca con essa l’omofobia e l’avversione che taluni nutrono nei confronti delle “categorie” protette? Poiché la natura umana è reattiva di fronte alle imposizioni e alle minacce, c’è da attendersi che chi nutre odio o avversione per i gay o i “trans” si inasprisca ancor più e continui, magari in modo più subdolo, ad operare discriminazioni. La mentalità delle persone non si cambia a forza di legge e di denunce penali. Quel che dobbiamo diffondere è la cultura della tolleranza e del rispetto verso CHIUNQUE, non solo verso i gay, i trans o altri del genere; ma ciò può realizzarsi con l’educazione e la persuasione, non con le denunce penali, che non risolvono nulla.

Punto 4. Perché coinvolgere i bambini delle scuole, indottrinandoli con argomenti più grandi di loro? Io credo che l’innocenza infantile vada protetta, non mortificata. Non si vede cosa possano comprendere bambini di 6-10 anni (a anche quelli di 11-14) di un problema del genere. Diffondiamo piuttosto nelle scuole la cultura della tolleranza, cerchiamo di eliminare il bullismo, che come è noto non si rivolge solo contro i gay, ma contro chiunque si allontani un po’ dalla cosiddetta “normalità”: i grassi, i magri, quelli con gli occhiali, quelli con i brufoli, chi cammina saltellando, chi è troppo alto o troppo basso. Quanto agli orientamenti sessuali, quando questi bambini avranno la necessaria maturità, faranno da soli le proprie scelte.

Da parte mia io ritengo che questa legge sia inutile e pericolosa, per il fatto gravissimo che reintroduce il reato di opinione, cosa che avviene soltanto nelle più bieche dittature. Se una persona, ovviamente senza commettere alcun reato e senza discriminare nessuno, ritiene che l’omosessualità sia una pratica innaturale, che l’unica famiglia che possa chiamarsi tale è quella formata da un uomo e una donna e che i bambini debbono avere un padre e una madre, deve avere il diritto di continuare a pensarlo e ad esprimerlo. Invece l’art.4 del DDL Zan, con la scusa di un fantomatico “incitamento alla violenza”, di fatto minaccia di denuncia chiunque non è allineato al pensiero comune imposto per via normativa; e lasciare ad un giudice l’arbitrio di decidere quali sono le opinioni lecite e quali non lo sono è un abuso di potere intollerabile in ogni democrazia.

Per questo io penso che la difesa delle “categorie” suddette, da parte della nostra sinistra, non sia altro che un mero pretesto per imporre il pensiero unico del “politicamente corretto” anche a chi ha una diversa mentalità e una diversa ma altrettanto legittima opinione. E’ un atto dittatoriale, così come lo sono stati i famosi DPCM di Conte (sempre sostenuto da PD, estrema sinistra e 5 stelle) che ci hanno chiusi agli arresti domiciliari per mesi senza risolvere il problema della pandemia, in modo totalitario e senza neanche passare per il Parlamento. Tutte le dittature sono iniziate con azioni di forza, ma io sono da sempre convinto che le peggiori, le più odiose tra tutte, sono quelle mascherate da democrazie, che magari non ti chiudono la bocca con il manganello o i gulag, ma ti ridicolizzano e ti chiudono in un ghetto ideologico con le infamanti etichette di “razzista, fascista, omofobo” ecc., che sono ancor peggior della costrizione fisica, perché più subdole ed ipocrite.

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Governo ipocrita e incapace

E’ veramente triste dover constatare il comportamento squallido di questo governo, le cui decisioni risultano ogni giorno più ingiuste e incomprensibili, frutto di un rivoltante opportunismo e attaccamento alle poltrone. Mi riferisco anzitutto ai provvedimenti riguardanti i decreti Salvini, che ora vengono abbattuti proprio da coloro (Conte e i 5 stelle) che soltanto un anno fa li avevano approvati e sostenuti. Come è possibile spiegare questo tradimento (perché di ciò si tratta) se non come il risultato di un ignobile trasformismo che non ha in alcun modo come fine il bene dell’Italia e degli italiani, ma solo il mantenimento di un potere che è stato usurpato e che non è passato attraverso la consultazione popolare. Ma al di là di questo, sono le ragioni del decoro e della dignità personale che avrebbero dovuto intervenire in questo momento, suggerendo a chiunque avesse un briciolo di intelligenza e di umanità che non si può distruggere dopo un anno, solo per convenienza politica e per compiacere un alleato che agisce solo per odio contro il “nemico” Salvini, ciò che si era approvato e promulgato soltanto alcuni mesi prima.

Anche in tempi non sospetti io ho sostenuto l’assoluta nullità politica del Movimento Cinque Stelle, la loro totale incompetenza su tutte le questioni di cui chi sta al governo si deve occupare, la loro mancanza del senso della democrazia, la loro natura di banderuole che si voltano sempre dove gira il vento e che mirano solo al proprio squallido interesse. Ora che sono al governo il disastro provocato da chi li ha votati emerge in tutta la sua drammatica grandezza: non ne hanno azzeccata una nell’azione di governo, hanno messo in ruoli di primaria importanza persone totalmente incapaci e incompetenti, non hanno mostrato il minimo senso della coerenza, sconfessando tutto ciò che sostenevano all’inizio del loro progetto, tanto che persino alcuni di loro si sono trovati a disagio di fronte a tanto ignobile trasformismo. Nei rapporti con la Lega, loro ex alleato, hanno dimostrato più che altrove la loro natura di ignobili profittatori: prima hanno assecondato e appoggiato l’azione dell’allora Ministro degli Interni e poi adesso, sempre per compiacere gli alleati comunisti, lo mandano a processo. Credo che nessuno che avesse il minimo senso della dignità avrebbe mai fatto un gesto simile; hanno potuto farlo solo dei servi, perché tali sono coloro che si sottomettono ad un alleato prepotente ed in base a ciò sono disposti a tradire un amico e trasformarlo in nemico.

Un governo di ipocriti e di incapaci è questo, il peggiore che mai si sia visto nella storia della nostra Repubblica, un governo che manipola l’informazione e diffonde notizie false ed esagerate per mantenere quelle poltrone che non ha mai meritato. La vicenda del Covid-19 lo dimostra in tutta la sua evidenza: diffondono ovunque un clima di terrore per spaventare i cittadini e indurli all’obbedienza, si servono del virus per continuare a imporsi con metodi totalitari, imponendo misure liberticide come il lockdown che oltretutto non risolvono il problema e trattando i cittadini come schiavi costringendoli con le multe e la minaccia dell’esercito per le strade. La dittatura politico-sanitaria messa in atto prosegue e proseguirà ancora, perché senza di essa il governo imploderebbe sotto il peso delle sue contraddizioni e della sua incapacità. E tutti noi proni ad obbedire a questa gente, tutti lì a mettersi la mascherina anche all’aperto, magari da soli in mezzo ad un bosco o a una stradina di campagna. Questa misura presa adesso è pura idiozia, un’idiozia che però saremo costretti tutti a seguire per non incorrere in multe fino a 3000 euro, quando alle ONG che ci portano i clandestini che non sfuggono da nessuna guerra la cifra massima è di 1000 euro, se e quando ce ne sarà occasione. Se ciò accadesse in America, in Inghilterra o in Germania la gente salirebbe sulle barricate e non obbedirebbe ai dittatori; noi invece siamo tutti proni a sottometterci a un avvocatucolo che nessuno conosceva e che adesso, gonfio come un pallone, è diventato il padrone dell’Italia. Non abbiamo più dignità, e nemmeno il senso della vergogna.

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La lingua italiana umiliata e offesa: gli insulti

Il titolo di questo post si richiama ad una serie di articoli che pubblicai su questo blog nel 2014, che avevano in comune il tema dell’uso distorto della lingua italiana, purtroppo frequente ai nostri giorni. Lì si parlava di eufemismi impiegati in modo improprio ed ipocrita dalla moda del “politically correct”, di espressioni e parole sgradevoli, di anglicismi fuori luogo ecc.; se qualcuno vuole rileggerli, non ha che da andare qui sulla colonna a destra in alto, dove si dice “Cerca”, scrivere “La lingua italiana” e potrà farlo a suo agio, senza che qui io ne ripeta il contenuto. In realtà ci sarebbe molto altro da scrivere sull’ignoranza di tante persone che usano espressioni inesatte come il famoso “piuttosto che” inteso nel senso di “oppure”, che non ha affatto perché propriamente significa “invece di”; ma in questa sede preferisco puntualizzare un altro uso distorto della nostra lingua, quello cioè dei più comuni insulti che vengono affibbiati dai sostenitori del “politicamente corretto” a chiunque abbia un’opinione diversa dalla loro. Come dicevo nei post precedenti, oggi in Italia viviamo di fatto sotto una dittatura, una dittatura che non si serve più del manganello e dei carri armati ma del dominio dei mezzi di informazione, per tramite dei quali impone un pensiero unico ghettizzando e sbeffeggiando tutti coloro che vi si oppongono, e determinandone di fatto l’isolamento sociale e l’inefficacia decisionale. La TV di regime, i giornali schierati quasi tutti a fianco del governo attuale, l’ideologia marxista ormai alleata al peggiore clericalismo che continua a dominare nelle università e negli altri centri di cultura, tutti costoro utilizzano un determinato linguaggio offensivo contro i dissidenti e non si fanno scrupolo, pur di colpire il “nemico”, di stravolgere impunemente la lingua italiana, caricando i termini usati di accezioni e di significati che non avevano in origine, al solo scopo di squalificare ed isolare ancor più chi non accetta il pensiero unico dominante. Vediamo quali sono i più diffusi tra questi termini, e perché vengono impiegati in modo colpevolmente distorto.

1. Fascista, fascismo: termini ancora frequentissimi, a 75 anni dalla fine del regime mussoliniano, per bollare coloro che non condividono le idee di una sinistra che non sa vivere senza un “nemico” da abbattere. Perché è assurdo l’uso di questo termine? Perché il fascismo, il regime che dominò in Italia dal 1922 al 1943 (con l’infelice appendice della cosiddetta “Repubblica di Salò” fino al 1945) appartiene alla storia, non all’attualità, ed è quindi assurdo e stupido fondare su di esso il dibattito politico attuale. Sarebbe come se in Francia si accusassero gli avversari di essere “giacobini” o “sanculotti”, o se in Russia si usassero ancora i termini “bolscevico” e “menscevico” per i politici o i funzionari che operano adesso, nel 2020. Perché in Italia siamo rimasti tanto indietro da richiamarsi ancora al fascismo dopo quasi un secolo dalla sua caduta? E’ un mistero, che si spiega solo con la necessità assoluta, per la sopravvivenza dell’ideologia marxista, di agitare un finto spauracchio, un “nemico” da combattere che, in mancanza d’altro, viene riesumato a tanti decenni dalla sua morte. A meno che non si intenda per “fascista” in modo generico chiunque usi la violenza per affermare le proprie idee; ma in tal caso il termine si adatterebbe molto meglio oggi alla sinistra che alla destra, visto che se c’è qualcuno che fa uso sitematico di metodi violenti sono le cosiddette “sardine” o gli altri decerebrati ideologici che vorrebbero togliere con la forza la parola ai leaders dell’opposizione. Ricordiamoci quello che disse Pasolini, che pure era di sinistra, nel lontano 1974: “Stiamo attenti al fascismo degli antifascisti”.

2. Razzista, razzismo: usati universalmente contro tutti coloro che si oppongono agli sbarchi incontrollati sulle coste italiane di migliaia di persone provenienti dall’Africa e altri luoghi, persone che vengono sì accolte ma che in molti casi vengono poi lasciate a se stesse e quindi finiscono per commettere crimini e mettere in pericolo la sicurezza dei cittadini italiani. Anche questi termini vengono usati in modo colpevolmente improprio, perché il razzismo, nella sua formulazione originaria, è il pensiero di coloro che ritengono la propria razza intellettualmente superiore alle altre, come avveniva – ad esempio – nel pangermanismo tedesco, dal “Discorso alla nazione” di Fichte fino al nazismo hitleriano. Ma chi oggi in Italia si preoccupa per questa invasione (perché di ciò si tratta) di stranieri non lo fa perché si ritiene ontologicamente superiore a loro, ma perché, adoperando il buon senso, sa che l’Italia non è un paese ricco, privo di problemi economici e tale da poter dare accoglienza e mantenimento a tanti stranieri. Che senso ha far entrare tante persone quando poi le dobbiamo lasciare a delinquere per strada o ad essere sfruttate ignobilmente in ambito lavorativo? Nessuno è contro gli stranieri di principio, perché coloro che lavorano onestamente e pagano le tasse non vengono affatto discriminati, ma sono considerati italiani come tutti noi, ed anzi vanno ringraziati per l’opera che svolgono. E’ quindi chiara la disonestà intellettuale di chi dà all’avversario del “razzista”, magari per nascondere gli ignobili interessi di chi specula sull’immigrazione e sapendo di non dare al termine il valore che ha sempre avuto nella lingua italiana.

3. Omofobia, omofobo: questi termini offensivi vengono applicati come etichette infamanti a tutti coloro che sostengono una loro legittima opinione, cioè che la vera e unica famiglia sia quella formata da un uomo e una donna. Le lobby gay hanno diffuso ovunque il loro pensiero e tentano di imporlo anche per legge, arrivando addirittura a chiedere per i dissidenti la denuncia penale e persino la galera. Se non è dittatura questa, che cos’è? Si vuole addirittura reintrodurre il reato di opinione, per cui se non ami i gay o l’ideologia gender, che tentano anche di introdurre nelle scuole, sei colpevole, rischi la prigione. Al di là dell’enorme sopruso che una norma del genere porterebbe contro cittadini inermi e colpevoli solo di non accettare il pensiero unico, quel che voglio puntualizzare qui è l’inesattezza dei termini impiegati, che sono etimologicamente del tutto erronei: in base all’origine greca, infatti, la parola “omofobia” significa “paura dell’uguale”, ed è quindi totalmente improprio l’uso che se ne fa comunemente.

4. Complottista, negazionista: sono termini usati moltissimo dagli alfieri del “politicamente corretto” in questo ultimo anno, e servono a designare con profondo disprezzo tutti coloro che si oppongono alla gestione, da parte del governo “giallorosso” di Conte, dell’epidemia di Covid-19, il famoso coronavirus. Confesso il fatto che personalmente non mi sento tanto offeso dal primo dei due termini, perché se per “complottista” si intende colui che vuole ragionare con la propria testa e non accetta, come gli allocchi passivamente dipendenti dalla televisione, tutto ciò che il regime intende diffondere, allora mi suona quasi come un elogio. Più grave è invece il secondo, che porta con sé una pesante e ben percettibile dose di disprezzo in quanto rievoca il pensiero distorto di coloro che hanno negato l’olocausto degli ebrei nei Lager nazisti; quindi impiegare il termine contro gli oppositori di Conte è un atto da vigliacchi, perché li accomuna ai nazisti e li rende in certo qual modo loro complice. Va poi detto che il negazionismo verso il Covid-19 in realtà è un’invenzione, perché non c’è nessuno che possa negare l’esistenza del virus, diffuso come si sa in tutto il mondo; ciò che si critica è piuttosto l’operato dissennato di questo governo, che prima ha sottovalutato e poi sopravvalutato il problema togliendoci le più elementari libertà personali con un lockdown criminale, messo in atto con la minaccia delle denunce e delle multe anche laddove non ve n’era affatto la necessità.

Lasciamo da parte per pietà gli errori e le assurdità che questo governo di incapaci ha compiuto anche dopo il lockdown e continua a compiere ogni giorno; quel che mi preme sottolineare qui, in senso lato, è la malafede colpevole di chi usa termini offensivi e diffamatori nei confronti di coloro che non si allineano al pensiero unico imposto con il terrorismo psicologico dei mezzi di informazione.

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Lo Stato e i cittadini

Il rapporto tra i cittadini e l’organizzazione statale ha fatto versare, fin dall’antica Grecia, i proverbiali fiumi d’inchiostro, perché tutti ne hanno discusso: filosofi, scrittori, sociologi, psicologi ecc., in ogni nazione e in ogni tempo. Nel periodo attuale il problema è sempre vivo e operante in tutto il mondo, a seconda della storia di ciascun Paese e del regime che vi detiene il potere; ma io ritengo che sotto questo profilo l’Italia sia un unicum, o quasi, all’interno dell’Europa, perché tra cittadini e potere politico esiste una distanza, una diffidenza, talvolta persino un’avversione che non si riscontra altrove. In Germania, in Francia, in Inghilterra esiste sì la critica, a volte anche aspra, contro il governo ed i suoi membri, ma c’è comunque un rapporto di reciproca legittimazione tra lo Stato ed il popolo: si può giudicare inadeguato questo o quel politico, ma non le istituzioni statali nella loro essenza, che vengono concepite come necessarie e indispensabili per la vita stessa dei cittadini.
Da noi no. Da noi spesso lo Stato è visto come un nemico dei cittadini: da combattere da parte della criminalità organizzata, alla quale certe popolazioni si affidano più volentieri che alle istituzioni statali; da ingannare da parte di coloro che evadono le tasse e antepongono il proprio vantaggio a quello comune; da criticare sempre e comunque, come vediamo dalla forte avversione che c’è ovunque verso i politici, sempre accusati di essere ladri, disonesti e incapaci qualunque sia il partito o la fazione a cui appartengono. L’antipolitica, così forte da noi come in nessun altro Paese, dimostra in modo lampante l’esistenza di un divario, di un abisso incolmabile tra le persone comuni e gli uomini (e le donne) delle istituzioni.
Quale può essere la ragione di questo insanabile conflitto? Alcuni sostengono che può dipendere in parte dalla nostra storia: essendo stati dominati per secoli da potenze straniere che venivano qua per sfruttarci e derubarci, ciò ha determinato negli italiani un senso di insofferenza per il potere, qualunque esso sia. Personalmente però credo poco a questa motivazione, visto che l’unità d’Italia data da 160 anni a questa parte, un tempo più che sufficiente per cambiare la mentalità delle persone; sarà quindi da vedere se la responsabilità di questo contrasto non dipenda da altro. Si fa presto a dire che gli italiani non hanno il senso dello Stato e pensano al proprio esclusivo piccolo e ignobile interesse personale; ma se questo è vero, non credo che la colpa sia tutta loro, bensì che vada ricercata anche in chi detiene il potere e non se ne mostra degno. Anche De Gasperi, Nenni, Andreotti, Berlinguer ecc., politici della cosiddetta “prima Repubblica”, venivano criticati, ma non credo si potesse dire che fossero incompetenti e incapaci. Si può dire lo stesso di quelli di oggi? Io non avrei mai creduto, fino a una ventina di anni fa, di dover rimpiangere i politici di allora, ma oggi sono costretto a ricredermi, se osservo la vacuità intellettuale di chi ci governa in questo momento.
Ritornando al problema centrale che ho affacciato all’inizio, intendo dire questo: sarà anche vero che gli italiani non hanno il senso dello Stato, ma siamo certi che sia tutta colpa loro? Se lo Stato non si fida dei suoi cittadini e li tratta in modo indegno, come si può pretendere che costoro a loro volta si fidino dello Stato? Gli esempi di ciò che dico sono molti, ma mi limiterò a due. Il primo riguarda lo strapotere della burocrazia, che in Italia è molto più forte e opprimente che in ogni altro paese europeo: in Inghilterra per aprire un negozio bastano pochi giorni, da noi occorrono mesi e anni; in Germania lo Stato finanzia le famiglie bisognose e i soldi arrivano subito nei conti correnti, da noi – quando lo Stato deve dare qualcosa – ci vogliono carte, permessi e concessioni che fanno passare tempi biblici; in altre nazioni, persino in Spagna ed in Grecia che ho potuto visitare personalmente, le opere pubbliche vengono realizzate in poco tempo, da noi vengono spesi miliardi per costruire edifici e opere che poi, per le pastoie burocratiche, restano abbandonate a se stesse per anni o addirittura per sempre. Ma da cosa dipende la burocrazia se non da una totale mancanza di fiducia dello Stato verso i cittadini? Se per darti un permesso ti chiedono decine di carte e di certificati, è perchè lo Stato presume a priori che tu sia un disonesto e che tu voglia avvantaggiarti procurandoti privilegi che altri non hanno e che danneggiano la comunità; e certamente qualche volta questo può essere vero, ma imporre a tutti lo stesso regime significa tagliare le gambe a tutti e ritardare gravemente lo sviluppo sociale ed economico del Paese.
Il secondo esempio riguarda la vicenda attuale del coronavirus, in seguito alla quale siamo stati messi tutti agli arresti domiciliari da un Presidente del Consiglio non eletto da nessuno, con multe e denunce a chiunque osa uscire di casa. A tal proposito si sono riscontrati anche eventi grotteschi di vera ignobile violenza dello Stato contro cittadini inermi, come quei due poveri genitori che ritornavano a Grosseto da Pisa dove avevano sottoposto ad una visita la figlia malata di leucemia e si sono visti multare di 500 euro dalla Polizia Stradale (lo sottolineo!), che non ha creduto alla loro autocertificazione. Quando succedono episodi del genere, quando le cosiddette “forze dell’ordine” tanto esaltate dalla televisione anziché proteggere i cittadini li perseguitano, e anziché arrestare i veri criminali se la prendono con chi fa una passeggiata da solo sulla spiaggia senza contagiare nessuno, non si può pretendere che il cittadino si fidi dello Stato o che lo consideri suo amico. Quando si è oppressi da imposizioni che arrivano dall’alto, da uno stato di polizia che non spende una parola a persuaderti del proprio operato ma te lo impone con la minaccia delle multe e della galera, non può esserci spazio per la fiducia e la simpatia. In altri paesi l’isolamento volto a ridurre il contagio è stato solo consigliato ai cittadini, o comunque non imposto in modo sovietico-cinese come da noi: in Germania e in Inghilterra, tanto per citare due paesi democratici e civili dell’Europa, le persone possono uscire, andare nei parchi e passeggiare, purché non si creino pericolosi assembramenti. Le forze dell’ordine, che sorvegliano, intervengono invitando i cittadini a un certo comportamento, non trattandoli come fossero criminali, che è proprio quello che accade da noi. Anche i carcerati hanno diritto all’ora d’aria, noi no. E allora non chiediamoci più perché da noi carabinieri e polizia ispirino terrore e avversione anziché fiducia, e perché lo Stato non ispiri benevolenza ma antipatia, quando non addirittura indifferenza, che è peggio ancora.

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Il pensiero dominante

No, questo titolo non è una citazione da Leopardi, ma una definizione della realtà attuale del nostro Paese, in piena emergenza da coronavirus. Il pensiero dominante è quello che ci viene imposto dalla televisione, dai giornali e da tutti gli altri organi di informazione, al quale tutti devono adeguarsi; ed è tanta la forza persuasiva del sistema che impone il suo pensiero ch’esso si diffonde dappertutto, capillarmente, fino a diventare l’unica Verità possibile. In questa situazione le voci dissenzienti, quelle di coloro che si oppongono al pensiero unico, vengono sbeffeggiate, disprezzate, emarginate, senza che le loro ragioni vengano minimamente ascoltate o prese in considerazione. E’ sempre successo, fin dall’Antichità, che il potere abbia diffuso determinate idee a cui tutti dovevano aderire; e chi non lo faceva, come Giordano Bruno o Galilei, finiva al rogo o alla tortura e veniva costretto con la forza a riconoscere il proprio “errore”, che tale non era affatto: l’errore era del bieco e violento potere ecclesiastico o politico al quale faceva comodo che tutti la pensassero allo stesso modo, che non vi fosse dissenso, ogni voce discordante andava messa a tacere. Nella Russia sovietica, come ci mostrano bene i racconti di Solgenitsin e di Salamov, i dissidenti non venivano mandati solo nei gulag ma anche, spesso, nei manicomi criminali, intendendo con ciò che chi si ribella al potere non è solo un pericoloso terrorista, ma anche un pazzo, uno squilibrato che non sa o non vuole riconoscere i grandi benefici che il regime offre al popolo.
Nelle democrazie moderne, ammesso che la nostra possa ormai chiamarsi tale, non si usano più ovviamente questi metodi, ma il principio è lo stesso: diffondere e far trionfare un pensiero unico che è quello gradito a chi detiene il potere e vuole tutti gli altri sordi e ciechi. Non si usa più la violenza fisica, si è preferito ripiegare su quella psicologica, per cui chi non è allineato alle idee comuni viene dileggiato, insultato, escluso dal dialogo e da ogni potere decisionale. I suoi suggerimenti, le sue idee, tutto viene gettato al macero perché proviene dalla parte “sbagliata”; e l’esempio lo abbiamo in questi giorni, quando il governo Conte che – ribadisco! – non è stato eletto da nessuno, rifiuta ogni proposta dell’opposizione per il semplice fatto che proviene dall’opposizione, senza neanche valutare se possa mai contenere qualcosa di sensato o di realizzabile.
La diffusione del coronavirus, emergenza reale e difficile da affrontare perché senza precedenti, ha dato la possibilità a chi ci governa di mettere in atto una serie di provvedimenti decisi in modo autonomo e totalitario dal presidente del Consiglio, senza neanche consultare il Parlamento e le forze sociali. La clausura forzata di 60 milioni di cittadini è stata imposta con la forza dello Stato di polizia, con la minaccia di multe e di denunce, senza che a nessuno sia venuto il minimo dubbio circa la legittimità di un comportamento, quello del sig. Conte, che non ha nulla di democratico e che vanifica in un minuto un diritto fondamentale dei cittadini, garantito dalla Costituzione, quello di spostarsi da un luogo all’altro. In altri Paesi il problema dei diritti dei liberi cittadini se lo sono posto, da noi no: qui è bastato che Conte scrivesse un decreto di mano sua per chiuderci tutti agli arresti domiciliari, senza che si stiano studiate altre possibili soluzioni e senza neanche verificare l’efficacia del provvedimento, che a mio giudizio è dubbia visto che ancor oggi, a più di un mese dalla reclusione forzata, i contagi continuano a crescere. Non solo: il danno economico che viene prodotto da questa chiusura forzata di tutte le attività produttive si calcola in oltre dieci miliardi di euro alla settimana, senza contare che molte imprese non riapriranno più e molte persone si troveranno in condizioni economiche precarie, al punto che c’è da temere anche rivolte sociali che in simili casi non mancano di verificarsi. Il bello è che negli altri Paesi, che pure hanno adottato l’isolamento dei cittadini, non sono state fermate le attività produttive, e quindi la nostra inerzia totale, a fronte dei progressi altrui, ci renderà ancora più poveri e vulnerabili di tutti gli altri. Si aggiunga il fatto che gli indennizzi ed i rimborsi promessi dal nostro dittatorello in doppio petto devono ancora arrivare, le persone non hanno ancora ricevuto nulla, e quindi al danno si è aggiunta irrimediabilmente la beffa.
Nonostante questo comportamento indegno di un Paese civile, il governo Conte continua ad avere dalla sua la maggior parte dei cittadini italiani. Come si spiega questo? Con la diffusione del pensiero dominante, la verità unica che ci trasmette la televisione di regime, che cioè queste scelte erano le uniche possibili e che bisogna stare tutti a casa. Questo precetto martellante, petulante, continuo ci viene propinato migliaia di volte al giorno assieme ad un clima di terrore artatamente creato, di modo che i cittadini vengono convinti che il governo ha ragione e che non si può fare nient’altro, quando invece si dovrebbe fare tutt’altro. Posto che con questo virus dovremo convivere per almeno due anni, è impensabile che i cittadini possano subire per tanto tempo questa violenza di Stato: occorre quindi ripartire e subito, non solo con le attività produttive ma anche con la libertà delle persone, che devono poter andare dove vogliono assumendo naturalmente tutte le precauzioni del caso: distanza interpersonale, uso delle mascherine e degli altri dispositivi di sicurezza ecc. Ma tenere in prigione – perché di questo si tratta – milioni di persone non serve a nulla; o meglio, serve a dare la facoltà al sig. Conte di usurpare tutti i poteri e formare di fatto uno Stato dittatoriale.
Questo riesce a fare il pensiero dominante, soggiogare i cittadini e spegnere il dissenso, anche attraverso la comunicazione di menzogne che vengono accettate per vere da persone cui il terrore del virus ha tolto la facoltà di ragionamento. Un esempio per tutti: ci fanno credere che se il virus continua a diffondersi, ciò non deriva dai ritardi con cui l’epidemia è stata riconosciuta (il virus circolava in Lombardia già da gennaio), dalle inefficienze della protezione civile che non ha fornito ai sanitari i necessari strumenti di protezione, o da coloro che hanno trasferito persone infette nelle RSA dove la maggior parte degli ospiti si è ammalata. No, la colpa non è del governo e della sua organizzazione manchevole e clientelare: la colpa infamante è di coloro che, magari da soli, vanno a fare una passeggiata perché non ce la fanno più a stare reclusi. Questi per la TV di Conte e dei 5 stelle sono i criminali, su di loro si scagli il più tremendo anatema!

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Il piccolo ducetto a cinque stelle

Se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, in questi giorni tutti i dubbi sulla mancanza assoluta di democrazia e di dialogo all’interno del movimento “cinque stalle” (l’errore è volontario) si sono dissipati: il loro piccolo duce barbuto, il comico Beppe Grillo, ha espulso unilateralmente dal movimento tutti coloro che si erano azzardati ad esprimere idee diverse dalle sue. Questi erano i metodi usati da tutti i tiranni e i dittatori che la storia ci ricorda: umiliare e cacciare chiunque non si allinea al pensiero dominante. Solo che i dittatori e i tiranni avevano comunque una personalità, un carisma, un potere, per quanto gestito in modo ingiusto; ma qui i parlamentari del M5S obbediscono a un istrione che mai ha fatto altri interessi se non i suoi, e che è diventato ricchissimo proprio sfruttando quel sistema politico che adesso dice di voler abbattere. Ha mandato in parlamento una massa di sprovveduti che altro non sanno fare se non urlare, insultare gli altri, assaltare i banchi del governo senza mai costruire nulla, a parte qualche proposta fantascientifica come quella del “reddito di cittadinanza”, che fa ridere solo a sentirla; se infatti adesso criticano Renzi perché non avrebbe le coperture economiche per i 10 miliardi di euro che intende restituire a chi guadagna meno, dove troverebbero loro i soldi per dare uno stipendio a tutti, che verrebbe come la manna dal cielo e che costerebbe minimo 70 miliardi? Mistero. A criticare, a denigrare gli altri siamo tutti capaci, ma la cosa cambia aspetto quando bisogna mettere la faccia su ciò che si dice e si intende fare. Per ordine insindacabile del loro ducetto, del quale sono fedeli esecutori privi di personalità e di volontà propria, i parlamentari del M5S non si mettono mai in gioco, non collaborano con nessuno, sono capaci di dire sempre e soltanto di no, pregiudizialmente, senza neanche mettere alla prova chi sta cercando di fare qualcosa per il paese. E’ questa l’inconcludenza di chi non sa neppure lontanamente cos’è la politica, che è dialogo e collaborazione, non chiusura ermetica in una torre d’avorio dalla quale pontificare senza mai doversi assumere delle responsabilità. E il bello è che chi, anche parzialmente, vorrebbe uscire da questa inconcludenza, viene cacciato appena esprime un’idea anche lontanamente in contrasto con gli ordini perentori di un istrione che, oltretutto, è fuori dal Parlamento perché pregiudicato per omicidio colposo. Bell’esempio di democrazia e di tolleranza! Se queste sono le novità che esprime la politica attuale, siamo costretti a rimpiangere i vecchi politici della prima repubblica, che con tutti i loro difetti sapevano però mettersi in gioco, rispettare gli avversari e soprattutto tollerare il dibattito interno, senza cacciare a pedate chi non esegue servilmente gli ordini del padrone.

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