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Colpo di Stato

Conte e la sua banda di incapaci vogliono prorogare lo stato di emergenza per il Covid-19 ancora per sei mesi, quando è a tutti palese che l’emergenza è finita e che la situazione di adesso, con 65 persone in terapia intensiva, non è neanche lontanamente paragonabile al mese di marzo, quando ce n’erano 4100.
Dovrebbe essere chiaro a tutte le persone dotate di un minimo di raziocinio che questa del virus è una vergognosa scusa per restare sulle poltrone e continuare a calpestare i diritti fondamentali che la Costituzione garantisce ai cittadini. Per chiarire almeno in parte le conseguenze di questo colpo di Stato (perché di questo si tratta) vediamo cosa comporta un provvedimento del genere:
1) che il signor Giuseppe Conte, avvocatucolo pugliese senza nessuna esperienza e nessuna benemerenza pregressa, non eletto da nessuno, potrà continuare ad avere i pieni poteri ed esercitarli in modo antidemocratico e autoritario, bypassando il Parlamento per mezzo dei cosiddetti DPCM, con cui decide tutto a proprio arbitrio creando di fatto UNA DITTATURA.
2) che con la scusa del virus e la paura del contagio diffusa artatamente per mezzo della TV e dei giornalisti schiavi del regime, potranno rinviare ulteriormente le elezioni amministrative ed impedire quelle politiche, privando il popolo dei suoi fondamentali diritti;
3) che, sempre con la scusa del contagio, basterà che la curva dei positivi cresca di qualche decimale per costringere i cittadini ad un nuovo lockdown, chiudendo tutti in casa e privando le persone dei più elementari diritti;
4) che, sempre con la scusa del possibile contagio, potranno impedire all’opposizione di esprimersi, di organizzare manifestazioni di piazza perché altrimenti si formerebbero assembramenti, perché soltanto quando è la sinistra a manifestare allora gli assembramenti non ci sono;
5) che, sempre con la scusa del virus e della presunta necessità di “collaborare” per sconfiggerlo, si potranno neutralizzare e indebolire le critiche al governo, perché chi le farà sarà fatto passare per un ingrato che non ha a cuore le sorti del Paese;
6) che, sempre con la scusa del virus, si continuerà a tenere i cittadini in uno stato di terrore perenne che, come tutti sanno, è il miglior mezzo per addormentare il dissenso, perché chi ha paura non si ribella ma obbedisce agli ordini che vengono dall’alto, comunque siano; chi poi oserà dubitare delle “verità” della televisione e pretenderà di ragionare con la propria testa verrà immediatamente etichettato come “complottista” e pubblicamente sbeffeggiato;
7)che, sempre con la scusa del contagio, si potrà procrastinare all’infinito la chiusura delle scuole, sostituendo la didattica in presenza con la ridicola “didattica a distanza”, che abitua le persone a perdere i contatti reali per sostituirli con quelli del mezzo elettronico, che annulla le coscienze e le rende prone all’accettazione delle idee più comunemente diffuse.
Questa è la situazione che abbiamo oggi nel nostro Paese, un governo che per nascondere la propria incapacità e per restare ignobilmente attaccato alle poltrone sta distruggendo l’economia e la Costituzione. Io vado dicendo da tempo che la democrazia non c’è più, che SIAMO IN DITTATURA e che tutto ciò è intollerabile; ma temo che le parole non bastino più e che occorra un’iniziativa ben più concreta. Non dico altro.

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Ritorno a scuola a settembre

Si fa un gran parlare in questi giorni di come dovrà essere gestito il ritorno a scuola a settembre per il prossimo anno scolastico, dopo l’emergenza Covid-19. Le proposte fin qui avanzate dal ministro e dagli “esperti” che lo coadiuvano mi sembrano tutte improponibili o addirittura assurde: lasciando stare quella di separare i banchi con il plexiglas, che è un’autentica sciocchezza, anche le altre però non brillano per originalità e soprattutto per efficacia. Occupare spazi esterni agli edifici scolastici è possibile solo in minima percentuale, perché molti istituti sono ubicati in strutture vecchie, a volte non hanno neanche la palestra e non ci sono nelle vicinanze altri edifici disponibili. Fare i turni non elimina il problema degli assembramenti, perché comunque molti studenti si troverebbero ad entrare a scuola e ad uscirne negli stessi orari, ed inoltre c’è un’altra difficoltà ancora maggiore: nelle scuole di provincia, dove la maggior parte degli alunni è pendolare, gli orari dei trasporti sono fissi e non ci sono i fondi per istituire corse aggiuntive che ovviamente avrebbero un costo non indifferente; peraltro tutti dovrebbero sapere che l’Italia non è solo Milano, Torino, Roma e Napoli, ma esistono tanti piccoli centri che debbono essere serviti con ferrovie e autolinee, i cui orari non si possono spostare a piacimento. Distanziare semplicemente i banchi di due metri è una soluzione altrettanto fasulla, sia perché gli assembramenti si formerebbero comunque (v. la ricreazione, l’entrata e l’uscita ecc.) sia perché ci sono scuole che non avevano spazi sufficienti nemmeno prima dell’epidemia, figuriamoci dopo.
Altra proposta, avanzata in riferimento soprattutto alle scuole superiori, è quella di perpetuare la didattica a distanza, per cui le classi verrebbero divise a metà e gli studenti si alternerebbero andando fisicamente a scuola tre giorni alla settimana e seguendo negli altri tre le lezioni da casa. Ma i tanto deprecati assembramenti si formerebbero anche con la presenza di metà degli studenti di ogni classe, ed inoltre – e questa è la maggiore difficoltà – il lavoro a distanza non è paragonabile per partecipazione ed efficacia a quello svolto in presenza, ma costituisce solo un palliativo da utilizzare limitatamente alle situazioni di vera emergenza. Come si è visto da quel che accaduto in questi mesi (dai primi di marzo, quando sono state chiuse le scuole in tutta Italia, fino ad oggi) i professori hanno dovuto organizzarsi e lavorare molto di più di quanto facevano prima, con buona pace dei soliti ignoranti che li accusano di essere fannulloni, per ottenere risultati molto inferiori: se è vero infatti che una lezione di storia, di letteratura o di scienze teoriche si può tenere anche on line, non è la stessa cosa per gli esercizi, gli esempi, le letture dei testi, la cui effettiva validità didattica è controllabile solo con la presenza fisica del docente. E tanto più ciò vale per le verifiche: interrogazioni, elaborati e test effettuati on line non danno nessuna garanzia di avere la benché minima attendibilità, perché gli studenti a casa possono copiare ciò che vogliono o farsi suggerire liberamente da altre persone della famiglia, senza che i professori si accorgano di nulla. La promozione generalizzata di tutti gli alunni, che da molti è stata criticata, era invece l’unica conclusione possibile dell’anno scolastico, un anno in cui non era minimamente verificabile la reale preparazione degli studenti. Forse si potevano bocciare coloro che non hanno seguito le lezioni on line e se ne sono andati per i fatti loro, ma come dimostrarlo? Le scuse avrebbero potuto essere tante: “Avevo il computer guasto”, “La connessione non funzionava”, “Non ho la webcam” e altre amenità del genere, che sono banali ma che senza dubbio avrebbero fatto vincere alle famiglie qualunque ricorso.
Ed allora, constatato che la didattica a distanza è efficace solo molto parzialmente e non può sostituire quella in presenza, e considerato pure che gli studenti dovranno recuperare la mancata preparazione che ha riguardato in questi mesi anche i più bravi (figuriamoci gli altri!), non è pensabile poter replicare un anno scolastico come quello passato, se non vogliamo che le lacune diventino talmente estese da non potersi più colmare. Va bene che di ignoranza ce n’è già tanta, ma proprio per questo è necessario porvi un argine, finché si è in tempo. E allora cosa fare? La cosa più semplice e naturale, secondo me: tornare a scuola normalmente, come prima dell’epidemia, e dedicare almeno un mese al recupero dei contenuti non assimilati o approfonditi quest’anno. E perché faccio questa proposta, che può sembrare azzardata? Perché di fatto l’epidemia è finita, come ci dicono i dati giornalieri che – loro malgrado – quelli della Protezione civile sono costretti ad emettere. Illustri scienziati e virologi ci dicono che da noi ormai il virus non dà più gli effetti gravi di prima, oggi si ammalano pochissime persone e con una carica virale trascurabile, tanto è vero che dovunque le misure di sicurezza di fatto si stanno allentando, quando non sono già state eliminate del tutto. Ogni epidemia segue una parabola, prima ascendente e poi discendente, ed oggi siamo arrivati al termine della discesa, almeno qui in Italia; la circolazione del virus è ormai limitatissima e pressoché innocua, e quindi sussistono le condizioni per riprendere una vita normale, sia nella scuola che altrove. Continuare a diffondere la paura, paventare una “seconda ondata” senza nessuna prova, insistere con cautele ormai inutili è vero e proprio terrorismo psicologico, che qualcuno continua ad esercitare – a mio giudizio – per interessi personali che non voglio qui ripetere perché ne ho già parlato negli articoli precedenti. Quando il pericolo è reale son giuste le cautele e le misure di sicurezza; ma quando questo pericolo non c’è più è sciocco continuare a vivere nel terrore e a bloccare attività essenziali come la scuola, che altri paesi con governi più intelligenti del nostro hanno già provveduto a riaprire.

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Plexiglas e altre genialità

Ogni simile ama il suo simile: perciò un ministro dell’istruzione incapace, che fa parte di un governo di incapaci, tenta in ogni modo di trasformare gli alunni italiani in una massa di ignoranti, né altrimenti ci si potrebbe aspettare da persone che evidentemente non sono mai state a scuola oppure, se ci sono state, non se ne sono neanche accorte. Prima hanno chiuso di botto tutte le scuole per il Covid-19, e questo si può anche comprendere per ovvi motivi sanitari e perché è stato fatto anche negli altri paesi europei; ma poi, quando tutti hanno riaperto perché ritenevano l’istruzione essenziale per la formazione dei cittadini, i nostri governanti hanno continuato a tenere tutto chiuso con la scusa della cautela e con il solito sciocco ritornello che sentiamo ripetere tutti i giorni dalla TV di regime, “non dobbiamo abbassare la guardia…”, per guardarci da un virus che di fatto non c’è più. Gli altri Paesi hanno riaperto le scuole, soltanto noi abbiamo continuato a tenerle chiuse. Ora io, che sono un noto complottista maligno e sospettoso, mi chiedo: possibile che francesi, tedeschi, svedesi, svizzeri ecc. siano tutti pazzi e che solo Conte e l’Azzolina siano mostri di intelligenza? Io qualche dubbio ce l’ho, non solo sulla buona fede dell’avvocatucolo e della “ministra”, ma per la convinzione che non riaprire le scuole significa bloccare l’istruzione, la cultura… E si sa che la cultura è pericolosa, perché c’è il rischio che la gente cominci a ragionare con il proprio cervello e si renda conto che siamo in mano di una banda di irresponsabili. Meglio quindi tenere chiuse le scuole, così i ragazzi giocano alla playstation, guardano il “Grande Fratello” e altri simili programmi, vanno a fare l’aperitivo (a distanza, ovviamente, altrimenti sono criminali!) e non si impelagano con la cultura, con la quale, com’è noto, non si mangia.
Hanno deciso, contro tutto il mondo, di tenere chiuse le scuole anche adesso che il virus praticamente non c’è più, e hanno dato il contentino ai ragazzi promuovendoli tutti senza alcuna verifica, poiché quelle fatte a distanza, come ognuno comprende, non hanno alcuna attendibilità, dato che genitori o amici potevano benissimo suggerire durante le interrogazioni da casa, senza che il docente potesse accorgersene. Così supereranno l’anno scolastico anche coloro che, a cose normali, sarebbero stati bocciati o rimandati. Già questo è intollerabile perché autorizza gli studenti al disimpegno totale, contando nella promozione garantita che quel genio della Azzolina ha comunicato fin dal mese di marzo. Ma il bello viene quando si parla del nuovo anno scolastico, per il quale è stata trovata una soluzione geniale, da una “ministra” in confronto alla quale Einstein era un sempliciotto: il plexiglas. Che idea sopraffina, quella di dividere i banchi con barriere di materiale plastico, proprio degna di questo governo! Vi immaginate come potranno far lezione i docenti con gli alunni chiusi in gabbia, che non potranno comunicare né tra di loro né coi professori? E quando ci sarà da distribuire del materiale cartaceo, come faranno i docenti? Lo lanceranno in aria facendolo cadere su ogni gabbia? E le scuole che hanno le aule piccole dove gli studenti stanno già adesso ravvicinati? Come potranno entrarci le pareti di plexiglas? L’aula diventerà una specie di alveare con tante cellette, e questo non impedirà certo il contatto fisico, che si realizzerà ugualmente quando gli alunni entrano in classe, quando escono, durante la ricreazione ecc. E le ore di educazione fisica come le svolgeranno, con il plexiglas? A me sembra che si sia perduta da parte di questo sciagurato governo non solo la competenza ma anche la minima cognizione della realtà. Siamo alla follia pura, all’incompetenza più totale. Vero è che non c’era da aspettarsi nulla di diverso dal Movimento Cinque Stelle, che fin dai suoi inizi ha mostrato la propria totale inesperienza e la più crassa ignoranza nella gestione di qualunque istituzione, com’è naturale per un partito fondato da un buffone e che ha sempre avuto la convinzione secondo cui qualunque cittadino semplice fosse in grado di fare politica e di amministrare lo Stato. Anche per fare l’operaio ci vogliono corsi di formazione, per fare il ministro dell’istruzione invece no, basta l’Azzolina.
Demenziale è anche la proposta, sempre proveniente dalla stessa “ministra” del governo Conte, di alternare la didattica in presenza a quella a distanza. Anche questa è una totale idiozia, perché la didattica a distanza, che è stata necessaria in questo periodo, non può avere neanche minimamente l’efficacia di quella diretta: la presenza fisica dell’insegnante, il suo interagire con gli alunni comprendendo anche dallo sguardo e dai loro comportamenti ciò che in quel momento è necessario dire o fare, non è sostituibile con nient’altro. L’uso del mezzo telematico a distanza deve essere considerato uno strumento eccezionale e temporaneo, da impiegare soltanto nei periodi di vera emergenza, per il resto è da evitare assolutamente; invece si sta cercando di farlo diventare comune e usuale, e anche qui il complottista che sono io potrebbe sospettare qualcosa: che cioè si voglia far scadere ulteriormente il livello culturale dei cittadini evitando la presenza fisica e le verifiche serie da parte dei docenti, per massificarli e renderli così più condizionabili. Finora sono riusciti a tenerli in pugno imponendo un durissimo e persino criminale “lockdown” e utilizzando lo strumento della paura del virus, perché è evidente che chi è terrorizzato obbedisce sempre alle “regole” (quelle del signor Conte, imposte da lui persino sorvolando il Parlamento!) ed è così ben manovrabile. Anche adesso diffondono la paura spaventando i cittadini con un virus che non esiste più, ma l’operazione comincia a perdere terreno di fronte ai dati che ci dicono che l’epidemia sta scomparendo; perciò proseguono con un altro sistema, addormentando la scuola e la cultura con questa trovata della didattica a distanza, in modo da creare un popolo di burattini, di “yes-men” proni e sottomessi all’autorità costituita.
Il gioco di questo governo di incapaci, che per restare sulle poltrone non ha esitato a strumentalizzare l’epidemia, è ormai scoperto ed evidente a chi rifiuta di accettare per vere le notizie della TV di regime e cerca invece di ragionare con la propria testa. Perciò, dato che il virus sta scomparendo, è giunto ormai il momento di riprenderci le nostre libertà costituzionali, che il signor Conte ci ha arbitrariamente tolto, e di comprendere, per quando riguarda l’istruzione, che gli studenti hanno diritto alla cultura ed alla formazione, con una vera scuola e con docenti preparati e responsabili, fisicamente presenti e non intravisti da lontano davanti a un tablet o una schermo di un computer. Per questo studenti e cittadini debbono lottare per costringere questo governo a riaprire normalmente le scuole a settembre, in presenza, senza ulteriori manovre ed ulteriori tentativi di indottrinamento e di massificazione.

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Osservazioni sulla didattica a distanza

Io ho insegnato per circa quarant’anni, e per fortuna non mi sono mai trovato nella situazione in cui si trovano i colleghi oggi, costretti alla cosiddetta “didattica a distanza”, che la Ministra intende far diventare obbligatoria per tutti. E’ vero che viviamo in un regime, costretti tutti agli arresti domiciliari da una serie di provvedimenti autoritari e contraddittori, ma la pretesa che tutti gli operatori scolastici applichino questo tipo di didattica è presuntuosa, perché presuppone che tutti, docenti e alunni, abbiano in casa un computer e un collegamento ad internet veloce, cosa che almeno finora non era obbligatoria, senza contare il fatto che in alcune zone d’Italia la rete è ancora lenta e instabile. Ma tant’è: oggi si fa tutto con la tecnologia e quindi il problema della chiusura delle scuole si è risolto così, con l’imposizione di una modalità di trasmissione del sapere su cui non tutti sono d’accordo e che comunque fa sorgere molte perplessità.
Personalmente io non sono contrario alla lezione on line, poiché anche dalle videoconferenze, così come dai filmati di youtube, si può imparare qualcosa; ma questa modalità necessita di almeno tre condizioni perché possa mantenere una certa efficacia. La prima è di disporre di piattaforme stabili ed efficienti, che non si disconnettano ogni momento e che permettano al docente ed agli alunni di vedersi di fronte, come se fossero nella medesima stanza. La seconda, purtroppo realizzabile solo in parte, è che gli alunni siano veramente interessati alla lezione e desiderosi di imparare, il che purtroppo è cosa rara anche con la normale didattica in classe; avviene infatti, a quel che mi dicono alcuni colleghi, che alcuni di loro non accendano la videocamera, per cui il docente non può sapere se stanno seguendo o se ne sono andati per i fatti loro. La terza condizione, la più importante, è che la didattica a distanza serva soltanto per trasmettere dei contenuti, ma non per fare le verifiche, che invece il governo ipocritamente pretende: che valore può avere un’interrogazione che lo studente svolge a casa propria, magari con i libri aperti davanti o i genitori dietro le spalle a suggerire tutte le risposte? E peggio ancora sono i compiti scritti: se i ragazzi cercano in ogni modo di copiare con il cellulare in presenza del docente, immaginiamoci cosa possono fare in casa propria! Le verifiche scritte e orali fatte a distanza, a mio giudizio, non hanno alcuna garanzia di un minimo di serietà, e quindi non posseggono alcun valore. Se il Ministero pretende che i docenti le facciano, evidentemente è per il solito malcostume italiano di guardare alle apparenze, alla pura forma, anche quando si sa che la sostanza non esiste affatto. Avverrà quindi che le nostre autorità scolastiche si presenteranno dinanzi all’opinione pubblica ostentando una serietà ed una regolarità che non esistono, ma che permetteranno loro di salvare la faccia; tanto la promozione sarà assicurata a tutti, comunque vadano le “verifiche” fatte a distanza.
Al termine dell’anno scolastico, poi, tutti promossi; e su questo c’è poco da obiettare, perché della chiusura delle scuole non hanno certo colpa gli studenti e le loro famiglie. Ciò che cambierà poco, nella sostanza, sarà l’esame di Stato: anch’esso sarà una pura formalità, ma c’è da dire che lo era anche prima, perché una prova d’esame dove la percentuale dei promossi arriva al 99,3% non può definirsi seria o attendibile. Meglio sarebbe, a questo punto, abolire del tutto questo inutile rito dell’esame di Stato: ne guadagnerebbe l’erario pubblico e la reputazione di tutta la nostra scuola. Per chi invece non ha l’esame e si vedrà promosso anche se non ha fatto nulla, i problemi ci saranno quando le scuole riapriranno, speriamo a settembre; allora sarà necessario un massiccio lavoro di recupero non solo per coloro che avevano svariate insufficienze ma per tutti, anche per gli studenti migliori, in quanto un periodo di rilassamento si sette o otto mesi conduce a dover ricominciare daccapo anche ciò che era stato fatto prima del mese di marzo di quest’anno. Praticamente un anno intero di scuola è andato perduto, e la ripresa sarà molto difficoltosa; allora, almeno in quelle poche scuole dove si studia veramente e si applica una forma di selezione, molti alunni – compresi quelli che se la cavavano con discreti voti prima della crisi – rischieranno di trovarsi in grosse difficoltà. Purtroppo i guai di questo periodo di forzata inattività, che però non dev’essere del tutto sgradito al gran numero degli svogliati che bivaccano nelle nostre scuole, sono difficilmente prevedibili adesso. O meglio, una cosa è prevedibile: che non torneremo più alla vita di prima e che aumenteranno i problemi per tutti, anche per gli studenti e i docenti. In un frangente come questo non posso fare a meno di constatare che l’essere in pensione è stato per me un grande vantaggio.

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