La nuova seconda prova d’esame del Liceo Classico

Finalmente, dopo una lunga battaglia condotta in primis dal prof. Bettini dell’Università di Siena a cui tanti altri si sono accodati compreso – modestamente – il sottoscritto, è stata cambiata la seconda prova scritta dell’esame di Stato del Liceo Classico, che resisteva da quasi un secolo sempre nella stessa forma, quella della “versione” secca e decontestualizzata dal latino o dal greco. Nel mio piccolo, attraverso questo blog ma soprattutto avvalendomi dell’esperienza di quasi 40 anni di insegnamento di latino e greco nel triennio del Classico, ho a lungo cercato di dimostrare come questa seconda prova andava cambiata, ed il cambiamento era necessario per diversi motivi: i giovani di oggi non sono più quelli di 50 anni fa, oggi le conoscenze linguistiche (a partire dalla scuola media, dove spesso la grammatica non si fa neanche più) sono molto ridotte rispetto al passato, i nuovi strumenti informatici e la presenza di internet hanno cambiato la vita di tutti noi e soprattutto dei giovani, i quali non stanno più ore ed ore sul vocabolario a “fare la versione”: nella maggior parte dei casi purtroppo (e sottolineo il mio disappunto) scaricano le traduzioni già pronte da siti internet che le mettono loro a disposizione, e comunque l’uso dello smartphone e di altri strumenti, eliminando o riducendo la necessità di indagare in proprio per arrivare a certe conoscenze e certi risultati, sviluppa alcune abilità, ma conculca ed inibisce proprio quelle che occorrono per il lavoro di traduzione dalle lingue classiche. Inutile e controproducente è perciò la resistenza dei conservatori che, nel nostro ambito degli studi classici, continuano ad insistere con la classica “versione” senza rendersi conto che nel mondo attuale la realtà è qualcosa di sfuggente, di transitorio, che muta ad una velocità cento volte superiore a quanto avveniva in passato: perciò, se fino ad alcuni anni fa la prova d’esame con la “versione secca” poteva avere un senso, oggi non ce l’ha più, perché gli studenti attuali – tranne qualche raro caso – non sono più in grado di tradurre da soli brani di media difficoltà dal latino e dal greco. La traduzione è ormai diventata un lavoro da esperti, da studiosi accademici, non da studenti di liceo; è meglio dunque prendere atto della verità, anziché continuare ipocritamente, come ha fatto il Ministero negli ultimi dieci anni, ad assegnare all’esame brani come quelli di Aristotele, impossibili per gli studenti, solo per poter fingere che ancora sia possibile ricavare dai liceali degli esperti conoscitori delle lingue antiche. La realtà effettuale era che in tutti i licei i professori aiutavano smaccatamente gli studenti, quando addirittura non facevano la versione al posto loro. Di fronte ad una farsa di questo genere, che salva solo le apparenze ed aggira l’ostacolo in questo modo indegno, non è meglio cambiare, visto anche che la traduzione non è l’unico modo di conoscere il mondo classico, né l’unica abilità che i giovani debbono esercitare nei loro studi? Vi sono altri ambiti di conoscenza di tipo letterario, storico, artistico, filosofico ecc. che hanno pari o superiore utilità nella formazione culturale di uno studente rispetto al mero aspetto linguistico delle discipline classiche, in cui pochissimi ormai riescono ad orientarsi. Lo scopo del Liceo Classico non è quello di sfornare traduttori ma di formare persone colte ed in grado di ragionare in modo autonomo e poter così, con l’ausilio di una vasta cultura, conoscere il proprio mondo ed operare autonomamente le proprie scelte di vita.
Dopo molto tempo e lunghi dibattiti, il Ministero ha finalmente riconosciuto la realtà dei fatti ed ha cambiato finalmente la prova. La nuova struttura è ben organizzata, favorisce il ragionamento e stimola il senso critico di ciascuno, senza eliminare del tutto la traduzione ma affiancandola con un raffronto tra due testi di contenuto analogo ma di lingua diversa (di cui solo il primo, contestualizzato, va tradotto dagli studenti mentre il secondo è accompagnato dalla traduzione) e con alcune domande di tipo interpretativo che si riferiscono ai testi proposti ma danno modo di spaziare anche su altri argomenti ad essi affini o comunque collegati. Va anche detto, ad onta dei conservatori ancora chiusi nella torre d’avorio della classicità da cui non vogliono scendere a nessun costo, che questa prova non è affatto una facilitazione o una banalizzazione della precedente, perché per operare confronti fra testi o rispondere a domande alquanto complesse non occorrono abilità o conoscenze inferiori a quelle necessarie per tradurre la versione; anzi, ne occorrono di più, benché diverse dalla semplice conoscenza della lingua.
Per il momento non possiamo giudicare in toto gli effetti del cambiamento, dato che questo è il primo anno scolastico in cui verrà proposta la nuova modalità; abbiamo però il modello di prova che è stato inviato alle scuole e svolto dagli alunni nelle settimane scorse. Ad un primo esame mi è sembrata una proposta accettabile: c’era da tradurre un brano di Tacito, non “secco” ma inserito in un contesto preciso e ben introdotto, a cui si affiancava un passo dello scrittore greco Cassio Dione che trattava un argomento analogo a quello dello storico latino; infine, la prova si concludeva con tre domande concernenti i testi proposti ma aperte anche ad ampliamenti tematici e confronti con altri testi similari. Non si può dire che questo tipo di lavoro sia facile o adatto a tutti, ma è comunque atto a verificare un più ampio spettro di conoscenze e di competenze rispetto alla versione “secca” dove in pochissimi riuscivano e mettevano in evidenza una sola abilità. Questa struttura, molto più adatta agli studenti di oggi, offre la possibilità anche a chi non sa tradurre (e parliamo della maggioranza degli studenti!) di ricavare da questa prova, che all’esame vale ben 20 punti su 100, qualcosa di positivo. Fino ad oggi, invece, la sola versione senza contesto portava a fallimenti totali, a cui poi dovevano rimediare i commissari in fase di correzione degli elaborati: in qualità di commissario d’esame, infatti, io mi sono trovato spesso di fronte a disastri totali nelle traduzioni, ai quali dovevamo rimediare noi con correzioni “benevole”, cioè chiudendo un occhio e anche due per poter consentire allo studente di arrivare all’orale e passare l’esame. Questa, a mio giudizio, è pura ipocrisia, un comportamento ai margini della legalità, se non oltre. E’ quindi molto preferibile prendere atto della realtà e modellare l’esame su quelle che sono le effettive potenzialità degli studenti di oggi, cambiando ciò che va cambiato. Rimanere ancorati al passato e a ideali irrealizzabili significa essere fuori dal mondo, significa costruire un fantoccio inconsistente che poi, al primo soffio di vento, si sgretolerà in mille frammenti.

6 commenti

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6 risposte a “La nuova seconda prova d’esame del Liceo Classico

  1. Caro Massimo, resto comunque perplesso, perchè si tratta di una mezza ‘rivoluzione’: lo scoglio della traduzione, per quanto se ne agevoli il superamento con la contestualizzazione, rimane; come potrà rispondere adeguatamente a domande di analisi e/o di confronto testuale un alunno che avrà frainteso in tutto o in gran parte il testo da tradurre? E come potrà facilmente valutare un commissario una prova, supponiamo, disastrosa nella traduzione ma passabile o arrangiata alla meglio nelle risposte al questionario? Non si può negare infatti che la traduzione è già di per sè anche una interpretazione: non si può commentare bene ciò che si è tradotto (fraintendendolo) male o malissimo. O mi sbaglio? Forse a questo punto sarebbe stato meglio togliere del tutto la prova di versione e limitarsi a un test di analisi di un passo con originale a fronte e/o a un questionario di letteratura (come si faceva nella terza prova).

    • Caro Paolo, comprendo le tue perplessità che in certo qual senso sono anche le mie. E’ vero che se uno studente non comprende il senso del brano da tradurre ciò inficia anche il resto della prova, ma va considerato che questo brano è contestualizzato, sia mediante un’introduzione sia con l’apposizione della parte precedente e quella seguente (già tradotte) del passo in questione. Inoltre c’è il passo corrispondente nell’altra lingua, e tutto ciò dovrebbe permettere allo studente di comprendere almeno la tematica ed il senso generale della parte in originale, così da poter rispondere – sia pure limitatamente – alle successive domande. Per il resto, penso anch’io che forse sarebbe stato meglio togliere del tutto la traduzione a favore dell’analisi di un brano tradotto con testo originale a fronte; ma questo avrebbe scatenato ancor più le ire dei conservatori, che già si oppongono al cambiamento lamentando che sia stata tolta la sacralità della traduzione. Questo compromesso, a mio giudizio, è la scelta migliore, o comunque la più equilibrata.

  2. Ludus

    Concordo con quello che scrive, che questa prova sarà forse un buon compromesso tra la vecchia “versione secca” e un test di analisi di un passo già tradotto.. Mi rammarico soltanto per quel ” gli studenti attuali non sono più in grado di tradurre da soli brani di media difficoltà dal latino e dal greco”. E’ vero che è da stolti ignorare il passare del tempo, ché il mondo cambia ed è veloce, talmente veloce che i ragazzi oggi non “perdono più tempo” ad indagare accuratamente un brano che viene loro proposto per poi tradurlo facendo uso delle loro capacità. Per me invece, quelle due ore di compito sono sempre state un grande momento di liberà ( e vorrei fosse così per tutti..). Queste parole sono scritte da chi ha ottenuto a maturità classica l’anno scorso e ha poi deciso di percorrere un sentiero che la allontana dalle “materie umanistiche”. Non posso tuttavia fare a meno, molto spesso, di tornare sui miei passi: in un mondo che richiede di continuo di produrre qualcosa di utile, tradurre è sempre un dolce sollievo per la mia anima.
    Mi scusi per la (forse) ingenuità delle mie parole.
    Ludus

    • No, signorina, non è affatto ingenua, anzi apprezzo profondamente il suo commento ed il suo amore per la traduzione, che è sempre stato anche il mio. Quello che dico nel post, però, è un’altra cosa: che cioè i giovani di oggi – purtroppo, e lo sottolineo – non traducono quasi più da soli, scaricano le versioni da internet e usano lo smartphone al posto dei libri, sviluppando qualità che sono l’esatto contrario di quelle che si formavano ai tempi miei. Quindi delle due l’una: o tornare ad una scuola seria, fin dalla prima elementare, dove si eliminano i progetti, i pedagogismi e le altre amenità di origine sessantottina e si studia in modo tradizionale (anche reintroducendo il latino alle medie) o si cambia l’esame, perché il fatto che i ragazzi di oggi non sono più quelli di 50 anni fa (e che quindi le prove cui vengono sottoposti non possono essere più le stesse di allora) a me sembra un dato di fatto, su cui c’è poco da discutere. E’ vero, esistono ancora oggi studenti che traducono bene e che hanno per le lingue classiche una vera passione; ma si tratta di poche eccezioni, diciamo tre o quattro in media per classe, e non è quindi possibile basarsi su di loro per allestire delle prove che tutti debbono svolgere.

  3. Ludus

    Mi sono espressa male: il mio rammarico era proprio per il fatto che ormai fare un compito di latino o greco significa semplicemente scaricare da internet una versione, non perchè pensassi che lei non ritenesse più i giovani in grado di tradurre! Questo è, in generale, evidente a tutti , sopratutto agli insegnanti. E’ giusto quindi che se non è possibile “cambiare alla base” venga fatta almeno questa modifica per evitale di continuare questa farsa per la quale tutti gli alunni in una classe sarebbero ancora in grado di tradurre a livello medio-alto. Sono certa che se le prove saranno ben ideate il livello di abilità richiesto non sarà inferiore alla vecchia versione.
    Concludo ringraziandola per la risposta e incoraggiandola a continuare a scrivere sul blog: molti insegnati che ho avuto c’hanno spesso provato ma si sono dati per vinti troppo presto.

  4. Claudio

    Salve Professor Rossi,

    condivido in gran parte la sua visione! Sono un insegnante privato di greco e latino e mi rendo conto delle sempre più crescenti difficoltà dei ragazzi nell’approccio ai testi antichi; è abbastanza emblematico quando alcuni di loro dimostrano le prime difficoltà interpretative già durante la lettura del testo introduttivo alla versione. Se è per loro difficile comprendere fino a fondo i testi italiani di media complessità come potranno correttamente fruire di un testo antico? un testo che non solo è molto articolato dal punto di vista del periodo ed è composto da elementi grammaticali di svariatissime tipologie, ma per giunta tratta il più delle volte di argomenti distanti anni luce dalla sfera di interesse degli adolescenti.
    Sono convinto d’altra parte che l’approccio allo studio delle due lingue classiche possa e debba cambiare! Innanzitutto i ragazzi dovrebbero conoscere e approfondire l’analisi logica e del periodo in italiano durante le scuole medie; si tratta di uno snodo preliminare fondamentale, senza il quale molti studenti resteranno sempre indietro a pochi fortunati e talentuosi. Una volta parificato lo stato di conoscenza dell’analisi logica e periodale in italiano tra tutti gli studenti, il secondo step dovrebbe essere quello di alleggerire lo studio della grammatica. A mio parere infatti è questo lo scoglio più scoraggiante per i ragazzi, il fatto di dover mandare a memoria una serie infinita di forme prive di un vero significato e, nella loro mente, di un fine apprezzabile.
    Io funzionalizzerei lo studio grammaticale alle traduzioni. Partirei dai testi, sempre! Da frasi molto semplici, che via via diventano complesse. Prima il concetto di complementi, prima l’osservazione di come funzionano, poi e solo poi lo snocciolamento dei casi! I ragazzi,adeguatamente guidati nella comprensione dei testi, potrebbero anche non imparare le forme a memoria ma assimilarle inconsciamente via via che servono loro nella decodificazione di un testo. Dovrebbero essere abituati a vedere le versioni come degli esercizi di logica e dei rompicapi divertenti più che come aulici stralci di inarrivabili e ampollose opere letterarie. Credo inoltre che la conversione in digitale di ciò che è digitalizzabile possa dare un’enorme mano in questo processo. Mi piacerebbe condividere con lei in privato alcune considerazioni e idee che ho in merito. Se è d’accordo mi scriva in privato all’indirizzo mail!

    Cordialmente, Claudio Cancedda da Cagliari

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